giovedì 27 luglio 2023
Pressioni internazionali, ma anche gli errori del governo e degli occidentali pesano su quanto accade. I tanti investimenti economici non hanno aiutato gran parte della popolazione
Sostenitori del presidente deposto Bazoum vicino al quartier generale del suo partito a Niamey

Sostenitori del presidente deposto Bazoum vicino al quartier generale del suo partito a Niamey - Ansa

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È golpe. Il Niger non ha più un presidente. Mohamed Bazoum è stato deposto nella notte tra mercoledì e ieri da alcuni soldati della sua guardia presidenziale. Al comando c’è ora il Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp). «Abbiamo sospeso tutte le istituzioni, chiuso le frontiere, e imposto un coprifuoco notturno – ha riferito il colonnello Amadou Abdramane, uno dei golpisti, durante il discorso alla televisione nazionale, circondato da nove uomini in uniforme –. La presa di potere è stata causata dal deterioramento della situazione della sicurezza e dalla scarsa governance economica e sociale».

I golpisti hanno aggiunto che «i capi dei ministeri si occuperanno delle attività quotidiane», spiegando inoltre che «senza scontri tra esercito e guardia presidenziale continuerà a regnare la pace nel Paese». Una parte della leadership dell’esercito nigerino ha confermato la collaborazione con la giunta. «Sottoscriviamo la dichiarazione del colonnello Abdramane – ha commentato ieri mattina in una nota il generale Abdou Sidikou Issa, capo di Stato maggiore delle Forze armate del Niger (Fan) –. Annunciamo anche noi la fine al regime del presidente Mohamed Bazoum, rapito da membri della guardia presidenziale».

L’ormai ex presidente resta per il momento imprigionato nella propria residenza con moglie e figli mentre si moltiplicano le condanne da parte della comunità internazionale.

«L’Unione Europea chiede il rilascio immediato del presidente Bazoum – ha dichiarato ieri da Bruxelles la portavoce della commissione Affari esteri, Nabila Massrali –. La destabilizzazione del Niger non sarebbe negli interessi di nessuno nel Paese e nella regione». Simili condanne sono state espresse dall’Unione africana e dalle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti, preoccupati del crescente peso della Russia sul continente africano, hanno affermato di essere in «diretto contatto con il presidente deposto» e di cercare «canali di dialogo» con la nuova giunta militare.

Il vasto Stato saheliano è considerato da anni un partner molto stretto e stabile non solo per l’Occidente, ma specialmente per l’Italia. «Per i migranti il Niger era un Paese di transito con cui avevamo stabilito dei rapporti fruttuosi» – ha detto Mario Giro, esponente della Comunità di Sant’Egidio, ex viceministro degli Esteri e profondo conoscitore del Continente. Al momento, non ci sono conseguenze dirette sul nostro contingente. La Francia, però, già espulsa dai vicini Mali e Burkina Faso, teme di perdere anche il Niger. La situazione attuale, fluida e confusa secondo gli esperti, sarà sfruttata dal jihadismo e dalla Russia che in altri Stati africani ha sostituito l’influenza francese.

Mosca, poi, ha costruito solidi legami con i confinanti Burkina Faso e, soprattutto, Mali mentre finora il Niger aveva fatto una scelta filo-occidentale. Ora, però, la situazione potrebbe cambiare.

Nella capitale Niamey ci sono state alcune dimostrazioni sia a favore che contro Bazoum, mentre nella cittadina sudoccidentale di Dosso un gruppo di manifestanti pro-russi sventolavano le bandiere russe e urlava slogan a favore dei golpisti. I prossimi giorni saranno decisivi per capire la direzione verso cui andrà il Paese, fino a ieri considerato l’ultimo bastione contro l’avanzata del terrorismo nel Sahel.

Molti riconoscono però gli errori della classe politica nigerina rispetto alla popolazione. Nonostante i numerosi investimenti stranieri nell’economia locale, circa 10 milioni di abitanti, metà del Paese, continuano a vivere sotto la soglia di povertà.

«La società civile è stata asservita gradualmente al “progetto” presidenziale, scomparendo come entità autonoma, critica e propositiva – ha spiegato alla stampa padre Mauro Armanino, sacerdote della Società missioni africane, residente dal 2011 a Niamey –. La presenza dei numerosi militari stranieri, inoltre, non è necessariamente gradita dalla gente e dai militari nigerini».

In questa fase delicata, diversi analisti si domandano quale sarà il destino del Sahel. «Questo colpo di Stato ha dimostrato che anche il Niger non può essere considerato una base sicura permanente – sottolinea Frank Gardner, esperto di sicurezza –. L'influenza occidentale nella regione si sta riducendo come una pozza d'acqua nella stagione secca».


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