venerdì 23 giugno 2023
Per il rapporto di «Aiuto alla Chiesa che soffre» nel mondo viene negata in un Paese su tre, colpito il 62% della popolazione Meloni: non è un diritto di serie B, basta silenzi
Libertà religiosa, troppe violazioni

Ansa

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Su un grande monitor scorrono immagini a colori. È un terribile racconto della libertà religiosa negata. Di cristiani perseguitati. Di odio. Di violenze. Di discriminazioni. È un racconto che attraversa e scuote il Mondo: Pakistan, Afghanistan, Somalia, India, Cina, Nicaragua.... I numeri che si accavallano alle immagini sono impietosi. 28 Paesi sono cerchiati in rosso: allarme altissimo. 33 in arancione: allarme alto. E in 47 Paesi di questi 61 la situazione negli ultimi due anni è peggiorata.

Ora su quello stesso monitor compare Giorgia Meloni. «La libertà religiosa è un diritto naturale e precede ogni formulazione giuridica, perché è scritto nel cuore dell'uomo », ripete la premier. C’è silenzio. Nella sala dell’Ambasciata italiana presso la Santa Sede si presenta l’ultimo rapporto di “Aiuto alla Chiesa che soffre” sulla libertà religiosa nel mondo. 800 pagine per fare i conti con gli orrori delle persecuzioni. Per riflettere. Per superare l’indifferenza. Meloni arriva al punto: «Un diritto naturale che, purtroppo, viene ancora oggi calpestato in troppe Nazioni del mondo. E troppo spesso nella quasi totale indifferenza. Accade così che tantissimi uomini, donne e bambini non solo debbano subire il dolore di vedersi negato il diritto di professare la propria fede, ma anche l’umiliazione dell'oblio. E questo è doppiamente inaccettabile, perché tacere sulla negazione della libertà religiosa equivale ad esserne complici. Noi non intendiamo farlo».

Due parole fanno pensare: l’umiliazione dell’oblio. Un sacerdote presente in sala si interroga a voce bassa: «Conosco l’inferno del Nicaragua... C’è una reazione della comunità internazionale? C’è un atto del Parlamento europeo? C’è una difesa a una Chiesa sotto attacco e a un vescovo condannato a ventisei anni di carcere e di cui non sappiamo più nulla? ». Dal Nicaragua al Burkina Faso. Theophile Nare è vescovo in questa piccola nazione al confine con Mali e Niger. Oggi i cristiani sono circa il 24 per cento della popolazione, raggruppati in 15 diocesi: «Dalla fine del 2015 il livello di sicurezza nel mio Paese è precipitato, i violenti attacchi Jihadisti hanno avuto conseguenze devastanti rendendo debole e vulnerabile la coesione sociale». Il vescovo racconta una escalation di terrore, di rapimenti, di omicidi. E si ferma sull’impegno della Chiesa cattolica che non abbassa la guardia: «La nostra attività pastorale non si ferma. Cerchiamo di agire per preservare la libertà di vivere, di pensare, di credere».

Ecco il senso del rapporto di Acs. Meloni lo spiega con parole nette: « Non fa analisi o ragionamenti astratti ma entra nel vivo delle persecuzioni e delle discriminazioni, nel vivo delle vittime, della loro storia, della loro vita. È un po' come una guida per tracciare una linea d'azione. Una di queste è molto chiara: la libertà religiosa non è un diritto di serie B, non è una libertà che viene dopo altre o che può essere addirittura dimenticata a beneficio di sedicenti nuove libertà o diritti ». C’è un mondo che soffre. E una comunità internazionale troppo spessa distratta. Antonio Tajani mette in fila altri numeri. « Nel mondo un cristiano su sette è perseguitato. Nell’Africa subsahariana uno su cinque, in Asia due su cinque... Difendere la libertà religiosa è una delle priorità del governo». Le dichiarazioni si accavallano. «Laddove la libertà religiosa non è garantita e persino il culto è messo in discussione, è necessario sostenere economicamente progetti di formazione, di educazione, di lavoro», ripete il cardinale Mauro Piacenza, presidente Internazionale di Acs. Poi Sandra Sarti, presidente di Acs Italia: «L'indifferenza ci rende complici verso chi viola il diritto di libertà».

In sala c’è Alfredo Mantovano, ieri presidente Acs e oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. È lui a ribadire l’impegno del governo per la libertà religiosa. Non solo quella che scuote quei Paesi in cui la persecuzione è cruenta. C’è insomma un’altra persecuzione. «Quando con provvedimenti amministrativi o con l’ostracismo mediatico viene impedito a qualcuno di parlare o di esprimere il proprio convincimento religioso o anche i convincimenti di sana antropologia che hanno alle spalle una fede religiosa vissuta coerentemente, ci si deve preoccupare come ci si preoccupa per i villaggi messi a ferro e fuoco per cristiani preda del Jihadismo». L’avvocato Yousaf Tabassum racconta il Pakistan: «Maryam Johnson è una ragazza cristiana di 11 anni e ha subito abusi sessuali da un uomo musulmano di 55. Sto seguendo il caso e vi posso dire che il comportamento della magistratura è patetico». Non serve andare avanti. Serve solo vera solidarietà.

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