venerdì 23 marzo 2012
È ormai emergenza nelle zone di confine L’Acnur: «Ci prepariamo a nuove ondate». «La frontiera si può facilmente oltrepassare a piedi Il flusso cresce in concomitanza dei bombardamenti».

Sottoscrizione di Caritas italiana per la prima assistenza agli sfollati
Libano, un limbo per 8.000 siriani in fuga dall’odio
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A giugno erano solo 2.300, oggi ce ne sono quasi 8.000. I profughi siriani in Libano, nonostante il confine sia ormai bombardato e infestato di mine, aumentano di ora in ora. Ma queste sono solo le cifre ufficiali: perché «stimiamo che ce ne siano almeno altri 5.000 nella valle della Beqaa non registrati», ammette Dana Sleiman portavoce della sezione libanese dell’Alto commissario Onu per i rifugiati (Acnur). Il Libano non ha sottoscritto la Convenzione internazionale sui rifugiati del ’51. Che tipo di riconoscimento hanno i siriani in questo Paese? Sono registrati formalmente come profughi, ovvero “displaced” e non come rifugiati. Certo, lo status è formalmente diverso, ma la differenza in questo caso non è importante perché per noi l’obiettivo è proteggere i soggetti vulnerabili e tamponare l’emergenza.Wadi Khaled è una delle aree più povere del Libano. Come fanno le famiglie a sostenere i nuovi arrivati?Chi si registra da noi può ricevere assistenza medica di base, cibo, buoni benzina, materassi, vestiti e coperte. Poi, assieme al Norwegian refugees council, individuiamo edifici vuoti nei villaggi dove collocare le famiglie, con l’aiuto degli amministratori locali. Abbiamo anche un budget per pagare le locazioni. Vivere nelle scuole abbandonate infatti non è il massimo per l’igiene e l’intimità delle persone. Trovare sistemazione presso le case di parenti, invece, è la soluzione psicologicamente migliore anche per i bambini. In questo modo soffrono meno del distacco dalle proprie abitudini e vivono in un ambiente più raccolto e protetto.Sì, ma ci sono famiglie che vivono in 25 dentro un’unica stanza...Ne siamo al corrente e per questo che riteniamo importante arrivare a conoscere l’esatto numero dei profughi che nella valle della Beqaa arrivano irregolarmente e non si registrano.In villaggi come Arsel i profughi non ricevono nessun tipo di assistenza. Perché non vogliono registrarsi?Perché perdono la facoltà di spostarsi nel Libano. Le persone iscritte nelle nostre liste che ricevono l’assistenza diretta non possono più uscire dall’area di Wadi Khaled.Sia a Tripoli che nella Beqaa ci sono centinaia di bambini profughi che non vanno a scuola. State pensando a delle attività integrative?Insieme al ministero dell’Istruzione libanese finora abbiamo lavorato all’inserimento scolastico negli istituti pubblici di oltre 500 bambini, a settembre, per quelli arrivati dopo è più difficile, perché parliamo di due sistemi scolastici molto diversi. Ci sono attualmente 377 scolari che frequentano lezioni di recupero organizzate esclusivamente per loro nella zona di Wadi Khaled. Bombardamenti dal lato siriano e spargimento di mine. Com’è la situazione al confine ora?È molto critica. Le persone prima attraversavano a piedi, c’è un piccolo fiume che divide i due Paesi ma si può facilmente oltrepassare. Ora invece arrivano in macchina sapendo che ci sono le mine. Il problema è che anche i check point non sono sicuri. Però la gente fugge lo stesso soprattutto in concomitanza dei bombardamenti come avvenuto all’inizio di marzo dopo l’assedio di Homs. E ci prepariamo a nuovi arrivi.
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