mercoledì 10 maggio 2017
Cosa penseranno i posteri di questa sorta di Medea transalpina che sopprime prima il padre e poi la nipote in una faida tutta interna al Front National?
Marine Le Pen (Ansa)

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Cosa si potrà dire un giorno di Marine Le Pen? Cosa penseranno i posteri di questa sorta di Medea transalpina che sopprime prima il padre e poi la nipote in una faida tutta interna al Front National e che tuttavia trabocca nella cronaca lasciando attoniti – anche per gli sfavillanti risvolti psicoanalitici – per il cadenzare precipitoso degli eventi: prima l’illusione di una vittoria alle presidenziali, poi il catastrofico confronto televisivo con Macron, quindi la débâcle al ballottaggio, seguita dal tumulto interno al movimento e al ritiro dalla scena di Marion?


Già, perché Marion se ne va, o meglio, si prende un tempo sabbatico lontano dal partito, rinunciando alle cariche e alla candidatura alle legislative dell’11 maggio. Proprio lei, la dolce ventisettenne di Saint-Germain-en-Laye, la più giovane parlamentare della Francia repubblicana e insieme l’agguerrita vicepresidente del Front National. Ma soprattutto, la nièce, la nipote. Nipote di entrambi, di Jean-Marie (nonno) e di Marine (zia), dei quali ha voluto conservare il cognome abbinandolo a quel Maréchal – nome datole da Samuel, un tempo consigliere di Jean-Marie, di cui aveva sposato la figlia Yann – nonostante il padre biologico fosse lo scomparso ambasciatore-giornalista (e uomo della Dgse, il servizio di controspionaggio francese) Roger Auque.


Su Marion, conservatrice e liberale, contraria al ripristino della pena capitale e meno incline ai toni provocatori del nonno come alla durezza della zia, si faceva gran conto. Il volto presentabile del Fn, si è detto più volte, anzi il volto che potrebbe tenere a battesimo la svolta e il cambio di nome del movimento. Del resto non ha cambiato immediatamente denominazione del suo movimento anche Macron? Anche perché i tempi sembravano maturi a un repentino cambio della guardia e si pensava che fosse proprio Bleu-Marine a sobbarcarsi l’onere della sconfitta. Il rumore di sciabole all’interno del partito già si udiva alla vigilia del ballottaggio, galvanizzato da quel giudizio senza appello del padre Jean-Marie, fondatore del Front National e estromesso dalla figlia due anni fa per aver negato la Shoah dichiarando che le camere a gas non erano nient’altro che un détail de l’histoire: «Marine non ha la stoffa del leader e non è adatta a guidare la Francia».

Ma era la voce di un morto, di un simulacro rancoroso che parlava dal limbo politico in cui la figlia lo aveva relegato. E non soltanto lui: il fido Florian Philippot, numero due del movimento e icona dei gay del destra, si adoperava per troncare, sopire le voci del dissenso interno. Solo una aveva superato la consegna del silenzio, quella della nièce, che subdolamente profetizzava: «Se Marine non supererà il 40% dovremo considerarla una sconfitta». Detto fatto, Marine non sfonda e nonostante i 10.584.646 voti non va oltre il 35%. Ma Marine rimane e Marion ufficialmente lascia per dedicarsi alla figlia di tre anni. «Come dirigente politica – commenta perfidamente la zia – deploro profondamente la decisione di Marion, ma ahimè, come mamma la capisco». Coincidenza? Forse. O più probabilmente dietro la cortina della cortesia si consuma il dramma elisabettiano del potere. Che come tutti i drammi elisabettiani che si rispettino abbisogna di una catasta di morti sul palcoscenico. Qualcuno già lo si intravede. Il Partito socialista, per cominciare. «Non so se sia vivo o morto – dice il commissario Ue Pierre Moscovici –, ma in ogni caso deve resuscitare». Difficile che ci riesca Hamon (6% alle presidenziali), che vuol lanciare un movimento tutto suo. Chi farà fatica a rimettersi in piedi invece è l’ex premier Manuel Valls: autocandidatosi come uomo di punta alle legislative per La République en marche, è riuscito nel difficile numero di bravura del doppio suicidio, quello di farsi simultaneamente espellere dal Partito socialista e di farsi respingere da quello di Macron.

«Tranquillizzatevi – dice compita Marion –: non rinuncio definitivamente alla vita politica». Sarà. Ma con quella zia vorace e totalizzante, che fa piazza pulita di compagni di partito, avversari, amici, padri e nipoti non sarà facile rivederla sul proscenio.

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