sabato 16 marzo 2024
L’allarme dei fuoriusciti: «Le liste elettorali verranno utilizzate per la mobilitazione dopo l’annuncio dei risultati»
Elettori al voto nel Donetsk

Elettori al voto nel Donetsk - Ansa

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Non è soltanto un voto per lo “zar” che si è preso le loro terre. C’è ben altro dietro i seggi aperti anche nelle regioni ucraine occupate da Mosca. La caccia agli elettori per le presidenziali russe non si limita a essere una strategia di legittimazione popolare delle conquiste di Vladimir Putin nel Paese che ha invaso, ma è anche un censimento degli uomini da arruolare. Uomini ucraini, naturalmente, rimasti nelle zone occupate e, secondo il progetto delle forze armate russe, da spedire al fronte per combattere contro l’esercito “fratello”, quello di Kiev. È l’incubo che fra la Crimea, Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk si allunga sul voto destinato a sancire la scontata riconferma dell’attuale inquilino del Cremlino. «I dipendenti dei distretti militari sono presenti alle operazioni elettorali – riferiscono i fuoriusciti di Mariupol, la città martire caduta sotto il fuoco russo dopo 82 giorni di assedio –. Le liste elettorali verranno utilizzate per la mobilitazione che inizierà dopo l’annuncio dei risultati».

Più che un invito a disertare i seggi, è la denuncia di un «finto stato di diritto» che Mosca intende mostrare all’opinione pubblica interna e sbandierare davanti alla comunità internazionale, sostiene il Centro di resistenza ucraino.

Kiev ha già liquidato le presidenziali come una «farsa». Perché tutti sanno che non è un voto libero quello nell’Ucraina sotto il controllo russo ma segnato da pressioni e intimidazioni delle autorità insediate da Mosca. «Cari elettori, noi ci preoccupiamo della nostra sicurezza. Non dovrete andare da nessuna parte per votare: verremo a casa vostra», ha comunicato la commissione elettorale russa nella regione di Zaporizhzhia. E così è stato. Nelle due settimane di votazioni anticipate che hanno preceduto l’apertura dei seggi, le urne sono state portate in giro, soprattutto nei villaggi rurali. «Gli scrutatori hanno bussato alle porte di ogni abitazione, accompagnati da militari armati», raccontano nella zona di Kherson. E le foto clandestine arrivate dagli oblast mostrano le schede infilate in contenitori trasparenti con i soldati dietro a osservare che tutto andasse nel modo previsto. A Mariupol sono partiti anche i bus-seggio che stanno facendo tappa nelle diverse località del comprensorio. «Per facilitare gli elettori», secondo la versione ufficiale.

«Il coinvolgimento coatto degli ucraini è illegale», tuona il ministero degli Esteri. L’obiettivo del Cremlino è arrivare a un’affluenza di almeno 75% nella parte del Paese occupata. E infatti ieri Mosca ha reso noto che a Kherson e Donetsk i votanti sono già il 69% e a Zaporizhzhia il 55%. «Ma le autorità russe sono pronte ad annunciare che si supererà l’85% – avverte l’intelligence di Kiev –. Si tratta di propaganda per dimostrare il sostegno della gente locale al nuovo potere». Alterare i dati non sarà complicato anche perché nessuno è in grado di stabilire il numero esatto dei residenti nell’Ucraina invasa, dopo le fughe di massa o i trasferimenti forzati nella Federazione russa. E per facilitare l’afflusso viene consentito anche l’uso del passaporto ucraino, ormai vietato in ogni ufficio pubblico.

Poi ci sono le ritorsioni. Nella regione di Donetsk le presidenziali hanno avuto un’eco anche fra i banchi di scuola. «Ai genitori che andranno a votare è stato promesso un percorso agevolato di studi per i figli», fanno trapelare gli abitanti. E a Lugansk i dipendenti statali «vengono minacciati di licenziamento o arruolamento se si rifiutano di recarsi al seggio». Una cappa che ha spinto il commissario per i diritti umani del Parlamento ucraino, Dmytro Lubinets, ad “assolvere” in via preventiva i votanti e a scongiurare ogni accusa di collaborazionismo. «La macchina politica russa è crudele – dichiara –. Talvolta la partecipazione è questione di sopravvivenza. Saranno penalmente responsabili soltanto coloro che prenderanno parte all’organizzazione». E gli 007 di Kiev lanciano l’allarme: i russi potrebbero bombardare i seggi per incolpare degli attacchi le truppe ucraine. Come è già accaduto venerdì. L’esercito di Kiev è stato accusato di un raid aereo contro due punti elettorali intorno a Kherson.

Nell’urna Putin ha voluto che entrassero anche gli ultimi “trofei” conquistati sui campi di battaglia. All’inizio dell’anno aveva dato l’ordine di impossessarsi a qualsiasi costo di Kupiansk e Avdiivka, le due cittadine dell’est dell’Ucraina da esibire prima della riconferma. L’esercito russo è riuscito a strappare soltanto Avdiivka, ma il comando delle forze armate sta regalando al leader uscente alcune incursioni lungo i mille chilometri di fronte (da Kherson al Donbass) e l’ennesima raffica di bombardamenti dal cielo su tutta la nazione che hanno seminato sangue e distruzione a Odessa con i morti saliti a 21 e anche nella città natale del presidente Volodymyr Zelensky, Kryvyi Rih, dove è stato centrato un condominio e ci sono state cinque vittime. Però alla grande elezione Putin arriva con i confini violati dai sabotatori anti-regime che sono penetrati nelle regioni di Belgorod e Kursk per «andare fino ai seggi», dicono. E con le bombe ucraine che alimentano il panico durante il voto a Belgorod. Tanto da costringere le autorità a chiudere le scuole e i centri commerciali per due giorni. Kiev è consapevole che il plebiscito è già scritto ma anche che le sorti della guerra non passano dalle urne di una democrazia addomesticata.

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