sabato 14 giugno 2025
Nelle università si lavora a liste civiche per farsi trovare pronti in caso di elezioni anticipate: i ragazzi accusano il governo di corruzione e della strage di Novi Sad dello scorso novembre
Le cerimonie degli studenti universitari a Belgrado per commemorare le 16 vittime di Novi Sad

Le cerimonie degli studenti universitari a Belgrado per commemorare le 16 vittime di Novi Sad - Reuters

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Sono le 11 e 52 in punto quando su Belgrado cala un silenzio surreale. Le persone si fermano all’improvviso sulle strade e sui marciapiedi trasformandosi in statue viventi mentre i vigili bloccano il traffico. È un rituale laico che si ripete ogni giorno, dal primo novembre scorso, per commemorare le 16 vittime della pensilina ferroviaria di Novi Sad che crollò proprio a quell’ora. Una protesta pacifica e silenziosa contro la corruzione del governo, ritenuto responsabile della strage che ha segnato la Serbia. Allo scoccare del sedicesimo minuto – tanti quanti i cittadini morti a Novi Sad – spuntano fuori i fischietti e i cartelli in cirillico.

In un’afosa mattina di giugno l’appuntamento è all’incrocio tra la Kneza Milosa e la Nemanjina, due delle principali arterie del centro, di fronte ai palazzi modernisti di epoca jugoslava in cui hanno sede i ministeri serbi. Al nostro arrivo decine di tende e gazebo sono già state montate sull’asfalto. Il presidio è stato organizzato dal gruppo “Pobunjeni univerzitet” (“Università in rivolta”) composto da studenti e docenti delle facoltà cittadine con il sostegno del rettore. «Con la nuova legge sull’istruzione superiore il governo vuole metterci a tacere promuovendo la privatizzazione dell’università, svendendola ai capitali esteri, ma noi non ce ne andremo di qua finché le nostre richieste non saranno accolte», spiega Nenad, al secondo anno di Architettura. Tutte le facoltà cittadine sono occupate dal novembre scorso. Migliaia di studenti hanno marciato in tutta la Serbia, bloccando ponti, occupando piazze e chiedendo a gran voce elezioni anticipate. Da mesi le strade di Belgrado e della altre città della Serbia sono tornate a essere teatro di manifestazioni che non si vedevano dai tempi di Milosevic.

«Finalmente i serbi si sono resi conto che non c’è differenza tra il criminale di guerra che fu uno dei responsabili delle guerre degli anni ‘90 e l’attuale presidente Aleksandar Vucic, che in quegli anni era un giovane ministro di Milosevic, e oggi è il simbolo di un sistema corrotto e legato alla criminalità organizzata», ci dice lo scrittore Dejan Atanackovic, uno dei volti più noti delle proteste. Sopra le nostre teste spicca minaccioso lo scheletro annerito del Generalstab, il palazzo dello stato maggiore dell’esercito serbo che fu colpito dai missili della Nato nel 1999. L’hanno lasciato così da allora, per far sì che la popolazione non dimentichi. In pochi minuti si raggiunge a piedi il Parco dei Pionieri, interamente recintato con barriere metalliche e costellato di tende verdi all’apparenza vuote. È qui che si è accampato da settimane l’altro volto del Paese, quella che sta con il governo per pura convenienza dietro la sigla di facciata “Studenti koji zele da uce” (“Studenti che vogliono imparare”). Ma all’interno del parco si vedono solo persone di mezza età che bivaccano e giocano a carte. Secondo Atanackovic vengono pagati per stare qua e fingere di essere studenti contrari all’occupazione delle università: «In realtà molti di loro vivono alla giornata, sono ex criminali di guerra e membri dei gruppi paramilitari». E infatti continuano le aggressioni ai danni dei “veri” studenti: alcune notti fa un ragazzo iscritto a Giurisprudenza è stato preso a bastonate in pieno centro da un gruppo di persone a volto coperto.

Difficile immaginare quale potrà essere lo sbocco di una protesta che non accenna a placarsi. «L’unico esito possibile è il risveglio di una grande solidarietà nazionale, viceversa la protesta non avrà alcun futuro. Ma ci sono segnali confortanti, perché i cittadini hanno cominciato a capire che questo sistema di potere può essere sconfitto. Nelle facoltà stanno lavorando a una lista studentesca con candidati della società civile per farsi trovare pronti in caso di elezioni anticipate». Un primo esperimento c’è stato domenica scorsa, quando una lista unitaria di studenti si è presentata al voto per le amministrative nelle città di Kosjeric e Zajecar. Ha perso di poco, tra accuse di brogli e irregolarità, ma è stato il primo vero test per le prossime politiche.

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