giovedì 19 marzo 2009
Washington e Seul fanno scudo: «Se dalla postazione di lancio dovesse partire un razzo, saremo preparati a rispondere», ha dichiarato l’ammiraglio Timothy Keating, a capo delle forze americane nel Pacifico. Espulse 5 Ong straniere. E intanto il Paese muore di fame.
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Non è un sosia, né un pa­rente, né un altro trucco del “Caro Leader”. Kim Yong Il – in visita ufficiale a Pechi­no da martedì fino a sabato – è il premier della Corea del Nord e dal suo capo di Stato, padrone supre­mo del Paese più isolazionista del pianeta, lo separa solo una conso­nante. Se ci sia anche qualche dif­ferenza di vedute è impossibile a dirsi: ai giornalisti è stato consen­tito solo un brevissimo giro di fo­tografie ufficiali ma nessuna do­manda; poi il primo ministro si è eclissato per una serie di incontri ufficiali e cerimonie «per celebra­re i 60 anni di amicizia tra Cina e Repubblica Democratica Popolare di Corea». Ma mentre le bandiere cinesi e nordcoreane garrivano insieme a piazza Tienanmen per la prima volta negli ultimi 20 anni, sull’in­contro tra il premier cinese Wen Jiabao e il suo omologo nordco­reano si proiettava l’ombra lunga di Kim Jong Il, il “Caro Leader”. Il signore assoluto della Corea del Nord. «La situazione nella peniso­la coreana è piuttosto complicata – ha dichiarato il portavoce del mi­nistero degli Esteri cinese Qin Gang – e manifestiamo tutta la no­stra preoccupazione». Al centro della spirale di tensioni in cui sono precipitate in questi gior­ni le due Coree – che hanno cessa­to le ostilità nel 1953, ma sono an­cora tecnicamente in guerra – c’è il comunicato col quale a febbraio la Corea del Nord ha annunciato il lancio di un satellite entro i primi di aprile. Il satellite – Kwangmyongsong 2 – secondo U­sa, Giappone e Corea del Sud non sarebbe altro che un missile Tae­podong 2 riadattato e in grado di raggiungere le coste dell’Alaska. Il lancio violerebbe due risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Na­zioni Unite in un colpo solo e ri­porterebbe gli orologi indietro fino al 2006, quando la Corea del Nord effettuò un primo test missilistico diretto contro il Giappone (fallito) e dimostrò al mondo la sua capa­cità di produrre ordigni atomici. Da qui l’escalation degli ultimi giorni: il 10 marzo scorso Usa e Co­rea del Sud hanno iniziato una se­rie di esercitazioni militari con­giunte, suscitando l’ira del Nord. Dalla capitale, Pyongyang, è parti­to subito l’ordine di lasciare il Pae­se entro fine marzo per le cinque Ong che lavorano nella coopera­zione alimentare. Alla fine della scorsa settimana gli uomini di Kim Jong Il hanno poi bloccato l’accesso dei cugini del sud al parco industriale di Kaesong, un espe­rimento lanciato l’anno scorso in cui le imprese di Seul impiegavano operai nordcoreani. Martedì scorso, infine, Pyongyang ha fatto sapere che rimanderà al mittente qualsiasi aiuto alimenta­re proveniente dagli Usa, quando secondo le stime del Programma alimentare mondiale delle Nazio­ni Unite sono 9 milioni su un tota­le di 23 i nordcoreani ridotti alla fa­me. E mentre la Cina sembra tentare in tutti i modi di scoraggiare il suo scomodo alleato, si moltiplicano le ipotesi sullo stato di salute di Kim Jong Il, colpito da un attacco nell’agosto scorso: il lancio del missile-satellite aprirà la corsa al­la successione? Dall’altro lato del­la barricata Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud hanno intensificato i pattugliamenti. «Se dalla postazione di lancio do­vesse partire un missile, saremo preparati a rispondere agli ordini del presidente » , ha dichiarato l’ammiraglio Timothy Keating, a capo delle forze Usa nel Pacifico. «Se si tratta di qualcosa di diverso dal lancio di un satellite, il nostro sistema è in grado di intercettar­lo ». E se davvero il satellite impro­nunciabile è un missile nucleare travestito, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama avrà solo po­chi minuti per decidere come ri­spondere. Sono nove milioni, secondo le stime dell’Onu, i nordcoreani che soffrono di denutrizione
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