mercoledì 6 novembre 2019
A Braunau il Paese è ancora alle prese con i rigurgiti nazisti
Piergiorgio Pescali

Piergiorgio Pescali

COMMENTA E CONDIVIDI

Non solo Dresda, ma da tempo anche un’altra cittadina, questa volta in Austria, ha problemi con rigurgiti nazisti. Braunau si adagia lungo il fiume Inn le cui acque, proprio in questo punto, dividono le sponde con l’Austria e la Germania. Una cittadina anonima, che avrebbe continuato ad essere tale se il 20 aprile 1889, in un appartamento in affitto di via Vorstadt (oggi Salzburger Vorstadt), Klara Polzl, moglie del doganiere Alois Hitler non avesse dato alla luce un bambino a cui i genitori diedero il nome di Adolfus.

Una volta divenuto führer del Terzo Reich, Adolf visitò la sua casa natale, in cui peraltro aveva vissuto solo tre anni, in occasione dell’Anschluss il 12 marzo 1938. Da allora quell’edificio piuttosto scialbo di tre piani divenne un simbolo del regime e trasformato in centro culturale. Nel 1952, durante l’occupazione Alleata, il fabbricato tornò alla famiglia Pommer, che ne aveva i diritti di proprietà. Da allora venne affittato al comune di Braunau che vi installò prima una biblioteca, poi una banca, una scuola superiore e, per ultimo, i locali vennero concessi alla Lebenshilfe, un’organizzazione caritatevole che convertì gli 800 metri quadrati di stanze in un centro per disabili per 4.800 euro al mese.

Nel 2011 l’associazione dovette abbandonare le sale perché l’attuale proprietaria, Gerlinde Pommer, non concesse l’autorizzazione per adeguare i suoi interni ai bisogni degli ospiti. Nel frattempo, in particolare dalla fine degli anni Novanta del XX secolo, nei giorni immediatamente precedenti il 20 aprile, nostalgici nazisti avevano iniziato a radunarsi attorno alla casa per festeggiare il genetliaco di Hitler. L’evento, inizialmente passato inosservato perché ritenuto un fuoco di paglia, si evolse invece in qualcosa di più che un semplice raduno di pochi fanatici.

In pochi anni sempre più membri di gruppi neonazisti provenienti oramai da numerosi Paesi europei si davano appuntamento nella cittadina austriaca costringendo le autorità locali e nazionali a mettersi sulla difensiva. Braunau stava di nuovo diventando il centro simbolico di un periodo che si credeva non dovesse mai più ripetersi con gravi ripercussioni anche internazionali.

Comune, governo federale e centrale proposero in diverse occasioni a Gelinde Pommer l’acquisto dell’intero edificio per poterlo demolire o cambiarne la destinazione d’uso in modo da privare i neonazisti del loro punto di riferimento, ma la caparbia proprietaria rifiutò ogni offerta. La strenua opposizione era giustificata dalla proprietaria per l’offerta di 310.000 euro poco in linea con la valutazione di mercato di 1,5 milioni di euro fatta da un agente immobiliare ingaggiato dalla Pommer, ma accanto a questo ci sono ombre sull’ideologia politica della stessa fräu, che si era più volte opposta affinché si ponesse una targa commemorativa sulla facciata dell’edificio che ricordasse la nascita del piccolo Adolf.

Solo recentemente sembra si sia arrivati ad una soluzione quando nell’agosto 2019 la Corte Suprema austriaca ha dato ragione al governo austriaco obbligando la signora Gelinde a vendere l’intero stabile per una somma di 810.000 euro. Non è ancora chiaro, però, cosa Vienna voglia fare dell’edificio di via Salzburger Vorstadt. Un completo abbattimento dello stesso incontrerebbe l’opposizione non solo delle organizzazioni nostalgiche, ma anche delle associazioni che vorrebbero mantenere in vita la testimonianza di quello che, nella loro ottica, dovrebbe divenire un monumento alla memoria delle vittime del nazionalsocialismo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: