giovedì 23 novembre 2023
Lo slittamento della procedure rispetto ai piani iniziali ha allungato l’angoscia dei parenti. Le persone liberate dovrebbero uscire attraverso il valico di Rafah
Un'alba di tregua per Gaza. Ma sarà breve

ANSA

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Dalla riserva di Nir’am, sul confine settentrionale di Gaza, la tregua è nient’altro che un miraggio di fumo nero attraversato da lampi e boati che spogliano gli alberi. Non passeranno da qui i primi 13 ostaggi israeliani – tutti appartenenti a una stessa famiglia – che Hamas ha promesso di rilasciare questa mattina in cambio di 39 detenuti palestinesi e quattro giorni di tregua che scatterà alle 7: al termine dovranno essere liberate 50 persone e 150 palestinesi torneranno a casa dalle carceri israeliane. Poi ricomincerà la guerra. Perché «sarà una breve tregua», poi il conflitto riprenderà e si prevedono «altri due mesi di guerra», ha detto il ministro della difesa Yoav Gallant parlando ai soldati. Tzachi Hanegbi, consigliere per la sicurezza nazionale israeliana, ha confermato nella notte tra mercoledì e ieri che lo scambio tra ostaggi israeliani e detenuti palestinesi sarebbe avvenuto da oggi, un giorno dopo rispetto ai piani iniziali, minimizzando sulle ragioni del rinvio. Le operazioni si svolgeranno gradualmente. Prima verranno rilasciati 13 civili attraverso il valico di Rafah, in Egitto. Contemporaneamente 39 detenuti palestinesi verranno rimessi in libertà. I parenti degli ostaggi non negano il malcontento. Dicono di non sapere ancora nulla sulla sorte dei loro congiunti, anche se il governo ha comunicato i nomi dei 13 attesi oggi. «Abbiamo bisogno di sapere se sono vivi, se stanno bene», si è lamentato Gilad Korngold, alla disperata ricerca di qualsiasi informazione sulla sorte di sette membri della sua famiglia, tra cui la nipotina di 3 anni, che si ritiene sia stata uccisa. Israele ha assicurato che la tregua potrebbe durare oltre i quattro giorni iniziali, a condizione che i militanti liberino almeno 10 ostaggi per volta.

Una fonte palestinese ha confermato che una seconda serie di rilasci potrebbe essere concessa già la prossima settimana. Tuttavia entrambe le parti hanno dichiarato che torneranno a combattersi. «Non stiamo ponendo fine alla guerra. Continueremo fino a quando non avremo la vittoria», ha dichiarato il capo dello Stato Maggiore israeliano, il generale Herzi Halevi. Per Gerusalemme gli obiettivi sono due: salvare gli ostaggi e sconfiggere il movimento fondamentalista. Per Hamas il piano è logorare Israele e intanto cercare di guadagnare tempo. Perciò la tregua ha lo scopo di consentire il passaggio degli ostaggi tentando di nascondere i luoghi della prigionia e intanto riorganizzare il fronte in vista dei nuovi scontri.

Quando alle 17 il tramonto scende su Gaza l’ultimo spicchio di sole annega nella barriera di nebbia scura continuamente alimentata da nuove esplosioni. Poche ore prima gli incursori israeliani avevano arrestato il primario dell’ospedale di al-Shifa, dove Gerusalemme sostiene di avere trovato le prove della presenza di Hamas grazie a coperture eccellenti. Il medico è stato portato in Israele dove viene interrogato e potrebbe essere accusato di concorso in attività terroristiche.

Quello che intanto vediamo a meno di un chilometro di distanza è uno scontro impietoso, casa per casa. Si possono osservare distintamente le scintille da cui i miliziani esplodono i colpi in direzione della prima linea israeliana. L’Esercito con la stella di Davide si fa aprire la strada da possenti cannonate e lanci di missili che a ogni obiettivo centrato sollevano funghi di polvere e fumo per decine di metri. Dopo che è stato deciso il rinvio della tregua a oggi, per tutta la giornata di ieri e fino a notte i combattimenti nella zona nord della Striscia di Gaza sono stati furiosi. Le colonne di fanteria israeliane si sono nuovamente inoltrate tra quel che resta di Gaza City.

A Rafah, sul confine meridionale della Striscia, i residenti hanno setacciato a mani nude le rovine di un’abitazione distrutta e precipitata dentro a un gigantesco cratere. Khaled Hamad, un residente del quartiere, ha raccontato all’agenzia Reuters che si trattava della casa di un insegnante di scuola elementare, ucciso con i suoi figli. L’esercito israeliano ha confermato di aver lanciato 300 attacchi aerei solo fino a metà giornata. « I negoziati per il rilascio dei nostri ostaggi avanzano e proseguono costantemente», ha informato una nota dei militari. Israele ha detto che i suoi attacchi nell’ultimo giorno hanno colpito «centri di comando militari, tunnel sotterranei del terrore, depositi di armi, siti di produzione di armi e postazioni di lancio di missili anticarro». Nella morsa restano i civili. Una trentina sono rimasti uccisi a Jabalya, secondo fonti di Hamas e dell’agenzia di stampa palestinese Wafa, nel bombardamento di una scuola affiliata all’agenzia dell’Onu Unrwa, e più di 90 sarebbero i feriti. Dall’ospedale indonesiano continuano a scappare i degenti, senza un vero piano di evacuazione e perfino un convoglio della Croce rossa è rimasto coinvolto negli scontri,

Ma non c’è solo la Striscia. A Nord Israele ha colpito postazioni di Hezbollah in Libano, uccidendo una dozzina di miliziani. Poche ore prima i guerriglieri filoiraniani avevano lanciato una raffica di razzi contro il territorio israeliano, come mai non era accaduto dall’inizio della guerra. E in Cisgiordania ci sono state nuove retate e nuovi scontri. In una guerra che oramai non è più solo a Gaza.

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