sabato 12 aprile 2014
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Dopo la minaccia della Russia di scatenare una guerra del gas, l’Ucraina cerca di limi­tare i danni offrendo maggiore auto­nomia alle regioni ribelli separatisti dell’Est. Il premier ad interim, Arse­ni Iatseniuk, si è recato ieri a Donet­sk per cercare di placare gli animi e abbassare la tensione con gli attivi­sti filo-russi che da giorni occupano gli edifici governativi. Iatseniuk ha offerto più poteri per le regioni o­rientali e si è detto a favore dell’ado­zione da parte del Parlamento di u­na legge che consenta referendum locali, vietati dalla Costituzione vi­gente, sullo status della regione. Ha inoltre rassicurato sull’uso della lin­gua russa, escludendo un’abroga­zione della legge del 2012 che per­mette la coesistenza di due lingue nel caso in cui una minoranza superi il 10 per cento della popolazione.  Non è chiaro se i separatisti accette­ranno la mano tesa: per ora a Do­netsk hanno rafforzato le barricate, in vista della scadenza di ieri dell’ul­timatum lanciato da Kiev per sgom­berare. Intanto, mentre annuncia che non concederà l’estradizione in U­craina di Viktor Janukovich, il depo­sto leader filo-russo che Mosca con­sidera ancora «il presidente a pieno titolo e legittimo» dell’Ucraina, la Russia assicura di non avere «truppe o spie» nelle regioni separatiste e smentisce di avere ulteriori mire ter­ritoriali. «Non abbiamo soldati lì, né agenti segreti. Ci sono cittadini russi, è ve­ro, ma ciò non è sorprendente dal momento che a Maidan ci sono persone di molte nazionalità diverse», ha sottolineato ieri il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov. Il nuovo governo di Kiev ha infatti ac­cusato Mosca di celarsi dietro ai gruppi separatisti che stanno occu­pando gli edifici governativi a Lu­gansk e Donetsk, dove ieri sette per- sone sono morte nell’esplosione, causata da una fuga di gas, in una mi­niera di carbone. Inoltre, tre giorni fa è stata arrestata una ragazza russa di 23 anni sospettata di essere una spia che inviava informazioni a Mosca.  Lavrov ha anche negato ulteriori mi­re espansionistiche di Mosca: «Sono ambizioni che non pos­siamo coltivare», ha ta­gliato corto. «Contraddi­cono gli interessi fonda­mentali della Federazione Russa. Noi vogliamo un’Ucraina integra entro i propri confini, ma integra nel pieno rispetto di tutte le sue regioni», ha aggiun­to. Quanto alla trasforma­zione della Repubblica ex sovietica in uno Stato federale, «è un’espressione sulla quale non insistiamo», ha concluso Lavrov. «Spetta soltanto al popolo ucraino decidere».  Insomma, nonostante i tentativi di ricucire resta ancora alta la tensione. In Crimea, intanto, il Parlamento lo­cale ha approvato all’unanimità la nuova Costituzione filo-russa, che certifica l’auto-proclamata indipen­denza dall’Ucraina e la recente an­nessione della penisola alla Russia. Nella prima seduta aperta ai giorna­listi dalla fine di febbraio, quando si decise di troncare i legami con Kiev, a favore del provvedimento hanno votato tutti i deputati presenti, 88 su cento. Il testo stabilisce che la stessa Crimea e il porto di Sebastopoli so­no «soggetti della Federazione Rus­sa », nella quale saranno integrati a partire dal 1 gennaio 2015.  Infine, un nuovo appello al dialogo è arrivato dal ministro degli Esteri ita­liano, Federica Mogherini, anche in vista del summit in programma a Gi­nevra la prossima settimana tra Usa, Russia, Ucraina e Ue: «Se portiamo a­vanti una politica conflittuale con la Russia, si rischia di far subire ad altri Paesi in Europa conseguenze nega­tive », ha detto la titolare della Farne­sina.

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