venerdì 13 ottobre 2023
A giugno il Cremlino ha firmato un decreto che garantisce ai militari l’amnistia per un’ampia gamma di crimini. L’Ufficio per i Diritti umani denuncia: così sono «incentivati» a commettere abusi
Gli effetti di un attacco missilistico russo a un villaggio alle porte di Kharkiv, in Ucraina

Gli effetti di un attacco missilistico russo a un villaggio alle porte di Kharkiv, in Ucraina - ANSA

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A giugno, Vladimir Putin ha firmato un decreto che di fatto autorizza i militari russi a commettere torture, abusi, stupri. E senza dover rischiare alcuna denuncia in patria. Perché la guerra continua, e chi va al fronte sa di poter contare su «un’atmosfera di impunità». In venti mesi di conflitto solo l’Ufficio Onu per i diritti umani ha presentato 36 rapporti. L’ultimo lo ha firmato Nada Al-Nashif, vice alto-commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani. Più che un bollettino di guerra è un campionario di atrocità: «Dal primo febbraio di quest’anno altri 4.621 civili sono rimasti vittime di questo conflitto, di cui 1.028 uccisi e 3.593 feriti. La maggior parte di queste vittime documentate si sono verificate nel territorio controllato dall’Ucraina».

Il dossier si apre con una premessa: «Le cifre effettive sono probabilmente più elevate, poiché molte segnalazioni di vittime civili sono ancora in attesa di conferma» e le agenzie umanitarie internazionali «non hanno accesso al territorio occupato dell’Ucraina e hanno accesso limitato alle aree vicine al fronte». Gli osservatori Onu dell’agenzia per i Diritti umani (Ohchr) hanno svolto «117 visite sul campo, 27 ispezioni di centri di detenzione, 28 visite a istituti di cura o rifugi», hanno inoltre monitorato 23 udienze nei tribunali e svolto 1.226 interviste, «comprese quelle con vittime, testimoni, parenti e loro rappresentanti legali». Mentre la Federazione Russa «continua a negare l’accesso al territorio occupato, abbiamo raddoppiato i nostri sforzi di monitoraggio da remoto per garantire risultati attendibili», ha spiegato Al-Nashif.

Testimonianze e prove «mostrano che l’uso della tortura e dei maltrattamenti da parte delle autorità russe sia contro i civili che contro i prigionieri di guerra è molto diffusa». Le testimonianze dei sopravvissuti «descrivono crudeltà inimmaginabili, compresi resoconti terrificanti torture con scosse elettriche, violenza sessuale e gravi percosse, che in alcuni casi hanno portato a ossa rotte, mandibole fracassate. Innumerevoli detenuti – viene precisato – sono stati anche costretti a lodare la Federazione Russa, a imparare e cantare canzoni russe e a subire gravi percosse per aver sbagliato o per aver parlato ucraino». Le condizioni di detenzione sono definite «spaventose», tra «carenza di cibo e medicinali, condizioni di vita precarie e privazione del sonno».

Le evidenze raccolte e che possono essere affrontate dai tribunali locali e in futuro dalla giustizia internazionale riguardano in particolare «quasi 1.000 persone, 85 delle quali sono state trovate morte con segni di violenza e 463 rimangono detenute», denuncia l’Onu. Indagini di uguale segno sono state condotte in Ucraina dove «sono stati documentati 6 casi di detenzione arbitraria da parte delle forze di sicurezza ucraine, principalmente autorità di polizia». Ancora una volta sono stati confermati dalle testimonianze e dalle perizie mediche diversi casi di violenza sessuale «da parte di membri delle forze armate russe e dei servizi penitenziari russi» secondo una modalità non episodica ma «coerente con modelli di violenza sessuale precedentemente documentati, che hanno coinvolto principalmente le forze armate russe, le forze dell’ordine e il personale penitenziario».

A confermare che i militari siano incentivati a commettere abusi vi è la mancata adozione «di alcuna misura evidente per garantire la responsabilità delle violazioni commesse dalle proprie forze di sicurezza. Al contrario – denuncia il report –, una nuova legge adottata nel giugno di quest’anno garantisce di fatto l’amnistia ai militari russi per una gamma eccessivamente ampia di crimini, rafforzando un’atmosfera di impunità».

Il contagio dell’odio e la crescente cultura del sospetto rischiano di esporre Kiev all’accusa di avere usato la mano pesante anche laddove non sarebbe stato necessario. «Nel territorio controllato dall'Ucraina – viene spiegato –, le autorità hanno aperto quasi seimila procedimenti penali per attività di collaborazione (con le forze russe occupanti, ndr) e hanno continuato a emettere un elevato numero di verdetti di colpevolezza». Secondo Ohchr «molte delle persone arrestate e persino condannate sono state prese di mira per comportamenti che potrebbero, in linea di principio, essere legalmente imposti dalla potenza occupante, ai sensi del diritto umanitario internazionale». In altre parole, potrebbero non avere avuto scelta e di questo i tribunali dovrebbero tenere conto.

A pagare le conseguenze sono soprattutto i bambini, specialmente quelli deportati. Nonostante le reiterate richieste, «non esiste un sistema consolidato per il rimpatrio dei bambini ucraini trasferiti in altre regioni del territorio occupato dalla Russia o nella Federazione Russa». E quelli riportati a casa «hanno descritto di aver subito o assistito a violenze psicologiche o fisiche da parte del personale locale».


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