martedì 10 febbraio 2015
Parla l'arcivescovo di Abuja, John Onaiyekan: «Assassinati migliaia di innocenti. Manca la volontà politica di affrontare i fanatici. Ma la gente è stanca delle promesse» (Claudio Monici)
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«Con tutta la mia responsabilità, dico che non vogliamo che si continui con questa storia che i cattolici nigeriani sono perseguitati dai musulmani. Non è vero. I cristiani nigeriani subiscono e vivono gli stessi problemi degli altri nigeriani. È importante la verità. Ciascuno ha la propria ragione a voler parlare in un modo o nell’altro, ma siccome la Nigeria, il mio Paese, non è solo una nazione islamica, il nostro presidente è cristiano, e il cinquanta per cento dei 160 milioni di nigeriani sono cristiani, non possiamo dire che siamo sotto persecuzione islamica. Se ci sono delle zone del Paese dove la Chiesa locale vive in difficoltà, per esempio nel nord-est dove agisce il veleno di Boko Haram che ha distrutto chiese, scuole, ma pure moschee e strutture governative, questo non significa che tutta la Nigeria è sotto persecuzione. Continuate a pregare per noi tutti nella verità delle parole». Arcivescovo della diocesi di Abuja, capitale federale della Nigeria, impegnato per la pace in Nigeria, di padre cristiano, ma con lo zio paterno musulmano e due nipoti avuti dalla sorella sposata con un musulmano da lui battezzati, il cardinale John Onaiyekan ha preso sempre decisioni nette rispetto all’integralismo islamico nigeriano. Il cardinale è a Milano, dopo avere fatto tappa ad Amman, in Giordania, dove è stato invitato, insieme ad altri capi religiosi chiamati da tutto il mondo, dal re Abdallah: «Stiamo assistendo a una svolta: la comunità islamica mondiale sta cominciando a riconoscere che l’islamismo radicale è un problema. Tante sono le dichiarazioni ad altissimo livello che stanno cercando di spiegare che quello che sta accadendo non è né lo spirito, né la lettera dell’islam. Arrivo da Amman e ho ascoltato le voci dell’islam. Ho sentito che qualcosa sta cambiando. Ci vorrà tempo, ma non basta più solo condannare chi uccide e fa esplodere bombe nel nome di una fede. Si deve pure guardare al tipo di ideologia islamica che si sparge fra la gente normale e cosa si insegna ai bambini nelle scuole o nelle scuole coraniche» Eminenza, la Nigeria è un pezzo di quanto sta accadendo attorno a tutti noi: Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, Somalia, Mali, Ciad. I recenti fatti di terrorismo che hanno ferito Parigi. Un’ombra cupa sui nostri destini occidentali. Perché, secondo lei? «Io non lo so. Ma come sapete le iniziative dell’Occidente nel Medio Oriente hanno provocato molte reazioni. Sono nati gli shabaab, Boko Haram, lo Stato islamico. E loro menzionano sempre i “crimini dell’Occidente in Afghanistan, in Iraq, in Libia”, per non parlare poi del grande problema israelo-palestinese, in cui mai nessuno, però, si ricorda dei palestinesi cristiani. Io credo che una cosa attiri l’altra. C’è stata la guerra al terrorismo dell’11 settembre 2001. Ed è stato distrutto un Paese, l’Iraq, per prendere Saddam Hussein. A noi che guardiamo questi avvenimenti stando in Africa, i conti non tornano. Non riusciamo a spiegarci perché uccidere migliaia di persone innocenti per prenderne una? Dall’altra parte ci vedranno solo come degli aggressori: le “crociate dell’Occidente contro i musulmani”. I “cristiani che attaccano l’islam”. Se è vero o no, questo non importa. Ma è l’impressione che fa presa su proseliti che non hanno paura di morire quando difendono la loro fede che promette il Paradiso subito. Ma non sarà solo l’Occidente e non sarà il cardinale Onaiyekan a cambiare la storia. Ma è dall’interno dell’islam che deve esserci un atteggiamento nuovo per spezzare la rete di violenza internazionale». Una cosa è chiara al cardinale di Abuja, che questa sera alle 21 si incontrerà con i fedeli in Duomo: «I Boko Haram sono un’assoluta minoranza. Sono pericolosi. Un veleno che non ha bisogno di essere tanto per uccidere tutti noi. E lo vediamo quasi ogni giorno. Ma la maggioranza dei nigeriani non li vogliono. Molti imam sono stati sgozzati perché hanno predicato nelle moschee contro questa gente». Le elezioni in Nigeria sono state rinviate di sei settimane, il cardinale non se lo sa spiegare del tutto: «Abbiamo capacità economiche e militari per affrontare questo gruppetto di fanatici e se ancora non è stato fatto è solo perché è mancata la volontà politica. Le promesse che sento oggi, io le avrei volute ascoltare due anni fa, non alla vigilia delle elezioni». 
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