sabato 16 dicembre 2023
Monta la protesta dopo l'uccisione "per un tragico errore" di tre ostaggi da parte dell'esercito israeliano. Sotto attacco israeliano c'è invece la della Sacra Famiglia: due le vittime
La rabbia dei parenti degli ostaggi che si sono ritrovati davanti al ministero della Difesa a Tel Aviv

La rabbia dei parenti degli ostaggi che si sono ritrovati davanti al ministero della Difesa a Tel Aviv - ANSA

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In Israele è il giorno del lutto e della rabbia per la morte di tre ostaggi nelle mani di Hamas, uccisi ieri dai soldati israeliani che li avevano scambiati per miliziani. Si è trattato di "un tragico errore", si è giustificato l'esercito. Secondo una indagine preliminare dell'esercito israeliano i tre ostaggi avevano innalzato un bastone con un pezzo di stoffa bianca. Lo ha detto una fonte dell'esercito in un briefing con i giornalisti. Secondo la stessa indagine, le truppe non "hanno seguito le regole d'ingaggio dell'esercito".

Ma chi erano e come è stato possibile che siano rimasti vittima di chi, per liberarli, ha messo a ferro e fuoco la Striscia di Gaza? Yotam Haim, 28 anni, batterista della band heavy metal Persephore, era stato rapito il 7 ottobre, quando i terroristi di Hamas hanno attaccato il suo kibbutz, Kfar Aza. Yotam era stato visto l'ultima volta in un video girato la mattina del 7 ottobre davanti alla porta della sua casa a Kfar Aza e mandato alla madre, in cui si sentono i colpi di arma da fuoco. La famiglia ha scoperto che la sua casa era stata data alle fiamme dai terroristi e solo dopo aveva saputo che era stato preso in ostaggio e portato a Gaza. Anche il fratello di Yotam, Tuvi Haim, è un batterista e si esibisce con la band di Netta Barzilai.
Samar Fouad Talalka, 22 anni stava lavorando nel vivaio del Kibbutz Nir Am, dove spesso faceva i turni del fine settimana, quando il 7 ottobre arrivarono gli uomini di Hamas. La famiglia vive nella citta' beduina di Hura. Alon Shamriz, 26 anni, studiava ingegneria informatica ed era stato rapito dalla sua casa nel Kibbutz Kfar Aza.
I militari ritengono che "i tre siano fuggiti o siano stati abbandonati dai terroristi che li tenevano prigionieri" mentre le forze dell'Idf si avvicinavano. Shejaiya, nel nord di Gaza, è stata a lungo considerata una roccaforte chiave di Hamas, sede di alcune delle sue forze d’èlite e delle fortificazioni più massicce. L'area in cui sono stati uccisi gli ostaggi era vicina alla scena di una battaglia in cui mercoledì sono rimasti uccisi nove soldati.

Secondo il Wall Street Journal, funzionari israeliani e del Qatar si sarebbero incontrati in Norvegia nel tentativo di rilanciare i colloqui sul rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza in cambio di un cessate il fuoco e della liberazione dei prigionieri palestinesi detenuti da Israele.

La distruzione a Gaza

La distruzione a Gaza - REUTERS

Nella Striscia, invece, dal primo pomeriggioè in corso un attacco israeliano alla parrocchia della Sacra Famiglia, a Gaza City. Come riporta Vatican News, sarebbero state uccise due donne, probabilmente madre e figlia, la seconda assassinata mentre cercava di soccorrere la madre raggiunta dai colpi dei militari israeliani. Tra i feriti, riporta ancora la testata vaticana, ci sarebbe un uomo in gravissime condizioni. Gli israeliani avrebbero giustificato l'attacco dicendo che nella parrocchia sarebbero custodite delle armi, nello specifico un lanciamissili. Diversi civili si sono rifugiati nell'edificio, e i militari starebbero sparando contro chiunque tenti di allontanarsi.
Ma non c’è solo Gaza. Attorno a Israele i focolai regionali minacciano di trasformarsi in incendio, alimentato dal conflitto nella Striscia. Siria, Iraq, Libano e Mar Rosso. Scaramucce locali o prodromi di qualcosa di più vasto? Messi insieme, i pezzi del puzzle danno forma a una sagoma gigantesca: l’Iran. Nel corso di ventiquattr’ore, razzi e droni hanno preso di mira tre basi militari americane in Siria: Shaddade, Conoco e Tanf nell’est, lungo il “corridoio iraniano” da dove passano i rifornimenti per i jihadisti e per gli Hezbollah libanesi. Attaccata anche la base di Ain al-Asad, in Iraq a ovest di Baghdad: la firma è della Resistenza islamica in Iraq. Il regime di Teheran ha poi messo a morte una presunta “spia” di Israele. “La pena di morte è stata comminata nel carcere di Zahedan, capoluogo della provincia del Sistan-Baluchestan contro la spia del regime sionista", ha indicato Mizan Online, senza rivelare l'identità del condannato, accusato di "cooperazione di intelligence e spionaggio a beneficio" di Israele, "raccolta di informazioni riservate" e "propaganda a beneficio di gruppi e organizzazioni contrarie alla Repubblica islamica dell'Iran".


Dal sud del Libano gli Hezbollah avrebbero colpito la caserma israeliana di Shomera, nel settore centrale della linea di demarcazione. L’esercito rivendica la distruzione di «infrastrutture terroristiche» e l’uccisione di tre miliziani. Nell’ambito della guerra psicologica, sono stati lanciati volantini in arabo ai civili libanesi. Il messaggio è che Hezbollah «approfitta della situazione per insinuarsi nelle vostre case e nelle aree del vostro lavoro, è un pericolo». Dal 7 ottobre, circa 60mila persone hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni e 27 civili sono rimasti uccisi nei raid. Hezbollah ha replicato che «le minacce non cambiano nulla e la resistenza resta presente in ogni centimetro del nostro territorio meridionale».
Dallo Yemen prosegue il lancio di droni e missili su navi nel Mar Rosso dirette in Israele. Ieri un proiettile ha colpito un cargo. A bordo sarebbe scoppiato un incendio e un container sarebbe caduto in mare, ma la nave – battente bandiera liberiana e di proprietà della tedesca Hapag-Lloyd – è riuscita a proseguire. Un’altra nave è stata attaccata vicino allo stretto di Bab al Mandab, tra Mar Rosso e Oceano Indiano. Gli Houthi yemeniti filo-iraniani hanno rivendicato le «due operazioni». La compagnia di navigazione danese Moller-Maersk ha annunciato che i suoi cargo eviteranno il Mar Rosso, imitata poi da una tedesca. Dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas, droni armati hanno più volte raggiunto il porto israeliano di Eilat.
«Gli Houthi premono il grilletto della pistola che gli viene consegnata dall’Iran» accusa da Tel Aviv il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan. Rappresentano «una minaccia alla libertà di navigazione» e per questo «vanno affrontati». «Gli Stati Uniti – ha detto – stanno lavorando con la comunità internazionale, con i partner della regione e di tutto il mondo».
Nella Striscia di Gaza si continua a combattere. Con la morte di un sergente riservista di 28 anni, sale a 119 la conta dei caduti. Hamas sostiene di avere ucciso 36 soldati in 72 ore e distrutto più di 70 veicoli. Israele ha poi ammesso di aver ucciso «per un tragico errore» tre ostaggi.
Secondo al-Jazeera, cinque persone sono morte e decine sono rimaste ferite a Khan Yunis nel raid su una scuola gestita dall’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), che accoglieva sfollati. L’emittente ha poi fatto sapere che un suo cameraman, Samer Abudaqa, è stato ucciso e un altro ferito da un attacco israeliano. Il Jerusalem Post riferisce che l’ingresso degli aiuti umanitari accelererà dopo il via libera, ieri, al passaggio dei camion dal valico israeliano di Kerem Shalom in aggiunta a quello egiziano di Rafah.

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