sabato 23 dicembre 2023
L'appello dell'ausiliare di Gerusalemme: «Dobbiamo avere il coraggio di parlare di riconciliazione. Il Natale ci insegna l'empatia»
Il vescovo William Shomali

Il vescovo William Shomali - Ansa

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«È straordinario il gesto di papa Francesco di inviare il cardinale Konrad Krajewski a pregare insieme a noi questo Natale. L’ultimo di tanti. Il Pontefice ha chiamato sempre la parrocchia di Gaza, ha rivolto innumerevoli appelli per la pace, ci ha ricordati anche all’Angelus anche domenica scorsa, ha inviato una donazione per la Striscia. Sappiamo che la Terra Santa è nel suo cuore. E di questo glii siamo profondamente grati». Anche nel dolore della guerra, William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme e vicario patriarcale per la Giordania, è convinto che il Natale possa portare un barlume di speranza. Con questa consapevolezza si recherà domani a Betlemme, insieme al patriarca, il cardinale Pierbattista Pizzaballa e il cardinale Krajewski che già ieri è stato nella città per incontrare una delegazione di palestinesi originari di Gaza. «In questo tempo, celebriamo la nascita di Gesù, principe della pace. Mai come ora il mondo ha urgenza di salvezza. Chiedo al Signore di cambiare i cuori degli esseri umani: è la che nasce la violenza di cui il conflitto è conseguenza. Spero in Lui che non delude, a differenza dei politici», afferma monsignor Shomali. Né il cessate il fuoco né la tregua tanto attese sono arrivate.

«Almeno, però, l’astensione Usa ha consentito al Consiglio di sicurezza dell'Onu di varare l’invio di più aiuti ai civili di Gaza. Certo, quel che arriva è sempre meno del minimo. Ma comunque è qualcosa. Ne hanno tanta, tanta necessità», aggiunge il vescovo. Le carenze - di cibo, acqua, carburante, ripari - aumentano ogni giorno che passa. «Per questo il conflitto deve finire ora. E, mediante il dialogo, si deve finalmente trovare una soluzione di lungo periodo per questa terra. Questa non può che essere politica e Hamas deve capirlo. E' necessario ripartire dagli accordi di Oslo. L'idea dei due Stati è un bene per i palestinesi ma lo è anche per gli israeliani. La fiducia dei vicini è una garanzia di sicurezza più solida di qualunque muro».

Oltre alla catastrofe umanitaria in atto nella Striscia, a preoccupare il vescovo sono le nuove ferite aperte dalla guerra nei cuori di israeliani e palestinesi. «Anche se appare uno scandalo, dobbiamo avere il coraggio di parlare di riconciliazione. A tutte le parti dico: «Più odio causa più violenza che, a sua volta, produce ancora più odio. L'unico modo per spezzare questo circolo vizioso è provare a guardare il dolore dell'altro, non solo il proprio". Il Natale ce lo insegna. In fondo è un grande messaggio di empatia: Gesù si incarna perché prova compassione - dunque empatia - per l’umanità. Lo supplico affinché ci aiuti a somigliargli almeno un po'».

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