martedì 17 giugno 2025
Palazzi a fuoco nella capitale, 10 vittime e oltre 400 feriti. Nel mirino edifici abitati da civili e non solo infrastrutture militari. Zelensky attacca il Cremlino
Lo squarcio creato da un'esplosione in un palazzo di Kiev

Lo squarcio creato da un'esplosione in un palazzo di Kiev - Ansa

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Con l’attenzione di tutto il mondo puntata sul conflitto fra Israele e Iran, e, prima di venerdì, sul massacro in corso a Gaza, il Cremlino ne ha approfittato per lanciare un attacco su Kiev come non se ne vedevano da tempo, con un bilancio particolarmente pesante: 17 morti (poi rivisti in serata a dieci) e oltre 400 feriti. Mosca continua con il suo doppio binario: ipotesi di mediazione da una parte, ma dall’altra guerra totale contro l’Ucraina nella speranza di una sua capitolazione. Il portavoce del presidente Putin, Dmitrij Peskov, ha anticipato che «nei prossimi giorni» ci sarà un accordo su un possibile, terzo round negoziale, dopo quelli del 16 maggio e 2 giugno scorsi che hanno portato allo scambio di prigionieri e dei corpi dei caduti.
Ma di cessate il fuoco non se ne parla. Anzi, nel frattempo, l’agenda russa continua con i suoi obiettivi, fra i quali c’è quello di radere il Paese al suolo. Nella notte, Mosca ha inviato sul territorio ucraino, in particolare sulla capitale e sulla regione di Zaporizhzhia, una vera e propria pioggia di fuoco: 400 droni e 32 missili. Stando a Mosca sono stati presi di mira complessi militari e industriali, ma il comandante dell’amministrazione militare di Kiev, Timur Tkachenko, lascia intendere che ci potrebbero essere anche civili e che si continua a scavare fra le macerie, nel timore che il bilancio possa aumentare. A essere colpite, infatti, non ci state solo infrastrutture militari, ma anche edifici residenziali. Una costante, da quando è iniziata la guerra, anche per la mancanza di accuratezza nella gittata dei missili di Mosca.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha dichiarato che attacchi del genere sono «puro terrorismo», aggiungendo che manca «una reazione adeguata da parte del mondo civilizzato». Molto franca anche la reazione del suo consigliere, Andriy Yermak, che su Telegram ha scritto: «Uno Stato dotato di armi nucleari può semplicemente uccidere i civili negli edifici, rifiutare il cessate il fuoco e non ricevere comunque una risposta adeguata dal mondo civilizzato. Perché dovrebbe? E quanti altri cittadini e bambini devono morire?».
Interrogativi destinati a rimanere senza risposta, ai quali si accompagna una certezza: le prossime settimane per Kiev rischiano di essere ancora più impegnative. Il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Sergeij Shoigu, ieri era in Corea del Nord per la seconda in meno di due settimane. Al centro degli incontri con il dittatore Kim Jong-un, c’è stato l’aiuto che Pyongyang sta fornendo a Mosca e che, se fino a questo momento è stato soprattutto di migliaia di soldati da impiegare sulla linea del fronte, ora subirà un “upgrade”. Stando allo stesso Shoigu, la Corea del Nord invierà 5.000 fra operai e ingegneri nel Kursk per ricostruire la regione occupata nell’agosto scorso dagli ucraini, cacciati anche grazie ai militari inviati da Pyongyang.
Ma l’Ucraina deve anche fare i conti con un presidente Trump per il quale, se Kiev non era una priorità prima, ancora meno lo è ora che c’è lo scontro fra Israele e Iran in corso, dove il tycoon sta cercando di coinvolgere proprio il presidente russo in eventuali negoziati.
Quasi a voler confermare questo timore, ieri c’è stata la partenza anticipata di Trump dal G7 in Canada, a causa della quale è saltato l’incontro programmato da tempo con Zelensky, su cui si erano concentrate le attenzioni degli analisti. A preoccuparsi non c’è solo Kiev, ma tutta l’Unione Europa, che ora teme concessioni da parte dell’inquilino della Casa Bianca a quello del Cremlino, in cambio di una mediazione con Teheran. Finché non si risolve il fronte israelo-iraniano, l’Ucraina è ancora più debole e sola.

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