giovedì 27 settembre 2018
Storica sentenza della Corte Suprema indiana che ha deciso che non è più un reato. La denuncia poteva essere presentata solo dagli uomini
Dopo 160 anni l'India ha candcellato una legge coloniale che considerava la donna come un "oggetto" (Ansa)

Dopo 160 anni l'India ha candcellato una legge coloniale che considerava la donna come un "oggetto" (Ansa)

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Storica sentenza della Corte Suprema indiana che ha deciso che l'adulterio non è più un reato. La più alta istanza giudiziaria indiana ha dichiarato incostituzionale una legge del codice penale, che risaliva a 160 anni fa e all'epoca coloniale: una legge che considerava la donna un "oggetto", lasciando al marito la possibilità di decidere se le relazioni sessuali della moglie con un altro uomo fossero causa di reato o meno.
Finora, un uomo che aveva un rapporto sessuale con una donna sposata, senza il permesso del marito, era ritenuto colpevole del reato di adulterio e rischiava fino a 5 anni. "Qualunque disposizione che considera la donna in un livello di diseguaglianza non è costituzionale", ha detto il presidente della Corte, Dipak Misra. "È arrivato il momento di dire che il marito non è il proprietario della sua sposa. La superiorità legale di un sesso su un altro è sbagliata", ha proseguito il presidente del massimo organo giudiziario, insistendo sul'"arbitrarietà" dell'articolo. La storica sentenza arriva dopo un altro passo a favore dell'uguaglianza: nelle settimane passate, il massimo organo giudiziario indiano ha infatti dichiarato incostituzionale un
articolo dell'epoca vittoriana con cui si penalizzavano le relazioni omosessuali.
Non è chiaro quanti uomini siano stati perseguiti, perché non ci sono dati disponibili. Ma la legge era perfettamente in linea con la società indiana che continua ad essere in maniera predominante patriarcale, con una marcata predilezione per i maschi, che perpetuano la stirpe e garantiscono entrate. Tra l'altro le donne in India in molti casi continuano a pagare costose doti (che sono illegali) per entrare nella famiglia del marito. La sentenza è arrivata dopo un ricorso presentato da un uomo, secondo cui la legge era discriminatoria tanto nei confronti degli uomini che delle donne.

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