venerdì 20 marzo 2009
La vittima è Panigrahi, coinvolto nelle violenze anticristiane e da poco scarcerato. Gli induisti accusano i cristiani, ma per le autorità i killer sono i miliziani. Il timore delle minoranze religiose è che i nazionalisti xenofobi cerchino di sfruttare l’uccisione per fini elettorali, riattizzando le campagne d’odio che negli scorsi mesi hanno causato 70 vittime.
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Risale la tensione in Orissa, lo Sta­to orientale dell’India teatro lo scorso anno della persecuzione anticristiana. Al centro ancora una volta il distretto di Kandhamal, area a forte pre­senza tribale. Qui, un leader indù che vi­veva nel villaggio di Radiguma, è stato uc­ciso l’altra notte da una quindicina di in­dividui che gli hanno sparato dopo aver­lo assalito. Prabhat Panigrahi era stato scarcerato su cauzione solo il 14 marzo proprio per il suo coinvolgimento nelle violenze anticristiane che hanno interes­sato il distretto e altre zone nello Stato tra agosto e ottobre 2008. Alla notizia della morte di Panigrahi, ele­menti locali hanno bloccato le strade tra Kotagada e Rudiguma con tronchi d’al­bero, ma la tensione è cresciuta successi­vamente, fino alla dichiarazione di ieri dello sciopero generale da parte dei grup­pi indù radicali. La polizia ha aperto la caccia agli assassini, ma ha anche au­mentato la propria presenza nel Kandha­mal per controllare una situazione che lo scorso anno ha contribuito, con il suo at­teggiamento, a rendere ingovernabile per settimane. L’uccisione di due giorni fa ha anche dimostrato la serietà delle minac­ce rivolte a una quindicina di elementi in­duisti radicali con buone connessioni po­litiche che la guerriglia maoista ha da tem­po individuato come bersagli da colpire in Orissa perché responsabili dei soprusi contro i gruppi meno favoriti. L’esecu­zione, di cui le autorità hanno incolpato i guerriglieri, ma che i suoi seguaci han­no annunciato di ritenere opera di mer­cenari pagati dai cristiani, rappresenta un atteso quanto indesiderato innesco di nuove tensioni, che molti, a partire dal­l’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, monsignor Raphael Cheenath, temeva­no proprio in vista delle elezioni. Il voto per il governo locale dell’Orissa si terrà contemporaneamente a quello per il rinnovo della Camera dei deputati nel Parlamento nazionale a partire dal 16 a­prile. Il ruolo di guida locale del Rashtriya Swayamsevak Sangh (Movimento per l’autodifesa della nazione), gruppo assai influente dell’induismo nazionalista e xe­nofobo, spalla delle istanze politiche del Bharatiya Janata Party e dei suoi alleati nella coalizione oggi all’opposizione a Delhi, rischia di fare di Panigrahi un mar­tire della causa dell’«induità». Il Bharatiya Janata Party, che da poche set­timane è stato costretto ad abbandonare la coalizione di governo nello Stato, ha già fatto dell’uccisione di Swami Laxmanan­da Saraswati, all’origine delle violenze del­lo scorso anno, parte della sua campagna elettorale e potrebbe puntare anche sul nuovo omicidio per polarizzare i voti indù. A temere le conseguenze della nuova uc­cisione, dopo le violenze dello scorso an­no che hanno fatto una settantina di mor­ti e costretto inizialmente 50mila abitan­ti dei villaggi alla fuga, le minoranze reli­giose, ma anche la maggioranza di india­ni che nell’Orissa appartiene al mondo tribale o ai numerosi gruppi che alimen­tano storicamente l’area dell’«intoccabi­lità » nel sistema delle caste. Una casa devastata dagli estremisti indù nell’Orissa (Ap)
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