mercoledì 30 aprile 2025
La parata militare è iniziata a Ho Chi Minh City, la ex Saigon, con un carro allegorico con il ritratto del leader rivoluzionario Ho Chi Minh in testa al corteo e aerei da combattimento
Il Vietnam in festa

Il Vietnam in festa - REUTERS

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Cinquant’anni dopo l’evento che ha segnato l’immaginario collettivo ben più della caduta della capitale cambogiana Phnom Penh in mano dei Khmer Rossi, avvenuta il 17 aprile e messo fine a un conflitto che aveva diviso su linee ideologiche e fedeltà strategiche buona parte della comunità internazionale, la ricorrenza della caduta di Saigon è stata vissuta oggi all’insegna dell’esaltazione del ruolo del Partito comunista vietnamita e del pragmatismo di un Paese aperto a investimenti di ogni provenienza, tra i primi e più sostanziosi proprio quelli dell’ex nemico statunitense ma con un ruolo essenziale della Repubblica popolare cinese. Orgoglio quindi per avere portato a termine la guerra di liberazione iniziata contro i francesi nel 1946 e dopo la loro sconfitta nel 1954 proseguita contro il regime del Sud e il suo alleato americano, ma anche la cognizione che solo l’integrazione economica e i rapporti pacifici hanno garantito una crescita elevata e – pur tra le sue contraddizioni e con forti limitazioni sul piano della democrazia e delle libertà individuali – un miglioramento delle condizioni di vita per una popolazione che ha da poco superato i 100.

Le celebrazioni, culminate in quella che è oggi Città di Ho Chi Minh (il leader del Nord durante il conflitto) con la parata di migliaia di militari e il passaggio di aerei di nuova generazione e elicotteri forniti dalla Russia, ricordano anche, sebbene sottintese dalle celebrazioni ufficiali, la morte di quasi tre milioni di vietnamiti e di circa 60mila americani nel conflitto che aveva preceduto il ritiro degli ultimi militari statunitensi nel 1973.

Anche se accompagnata dalla fuga caotica con gli elicotteri di circa settemila vietnamiti e degli ultimi cittadini stranieri, la conquista dell’ex capitale del Vietnam del Sud fu pacifica e la riunificazione con il Nord nel 1976 segnò il ritorno all’unità storica e avviò un processo di affermazione di autonomia anche nei confronti dell’alleato cinese, storicamente egemone e con il quale i rapporti post-unificazione sono stati altalenanti. Forte oggi l’accenno sull’unità nazionale e sull’unità di intenti di tutti i vietnamiti sotto la guida del Partito comunista. Richiamando un motto di Ho Chi Minh, To Lam ha voluto sottolineare come “il Vietnam è uno, il popolo vietnamita è uno. I fiumi possono prosciugarsi, le montagne possono erodersi ma questa verità non potrà mai cambiare”.

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