mercoledì 11 maggio 2022
Vale la pena ricordare come l’invasione di Kabul nel 1979 da parte dell’Urss vide aiuti ai resistenti dagli Stati Uniti, massacri sui civili e una sconfitta dalle conseguenze di lungo termine
Guerra giorno 77, le analogie e la lezione dell’Afghanistan di 40 anni fa
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Nel giorno 77 della guerra, mentre l’Italia si fa portavoce a Washington di un fronte europeo della trattativa, la guerra non s’arresta e vede combattimenti sui diversi fronti già aperti da settimane, oltre alla ripresa degli scontri all’acciaieria Azovstal di Mariupol ancora sotto assedio.

Una guerra lunga ed estenuante prevedono a questo punto molti analisti militari. Non è quindi fuorviante pensare all’altra guerra d’invasione che ha segnato la storia russa, precisamente quella in Afghanistan.

Il 24 dicembre 1979, l’Unione Sovietica invadeva il Paese asiatico, povero e ai margini delle cronache fino ad allora, ma strategicamente importante. L’obiettivo era di rovesciare il presidente della Repubblica Hafizullah Amin per sostituirlo con Babrak Karmal e mantenere il Paese nell’orbita socialista secondo la dottrina Breznev. Immediata fu la risposta della guerriglia afghana che già era in armi contro il governo locale. I mujaheddin, divisi in più schieramenti e partiti che mai nel corso del conflitto ebbero una guida unitaria, combatterono le forze occupanti, unite all’esercito ufficiale, grazie agli aiuti, agli armamenti e all'appoggio logistico fornito (in modo non ufficiale e per diverse ragioni) da Stati Uniti, Regno Unito, Pakistan, Iran, Arabia Saudita e Cina.

Se Pakistan e Arabia avevano interessi legati anche alla religione musulmana sunnita (dalle macerie della guerra nascerà al-Qaeda), Washington, Londra e Pechino avevano l’obiettivo di indebolire Mosca e di non permetterle di espandersi in quella zona dell’Asia verso il mare.

L’invasione provocò una forte reazione internazionale, con sanzioni contro Mosca e il boicottaggio diffuso delle Olimpiadi in programma nell’estate del 1980 proprio nella capitale sovietica.

Le analogie con la vicenda ucraina, almeno allo stato attuale del conflitto in corso, riguardano proprio il sostegno indiretto agli avversari dei sovietici in modo da combattere quasi una guerra per procura al fine di limitare l’imperialismo del regime comunista di allora. La deterrenza nucleare impedì un’escalation del conflitto e il mondo non si sentì in pericolo come accade oggi. È noto quanto le caratteristiche dell’Afghanistan, Paese montuoso con scarse vie di comunicazione interne, resero efficace la resistenza dei mujaheddin, perfetti conoscitori del terreno, abili nelle imboscate e molto più preparati a sopportare i disagi di un lungo conflitto rispetto ai soldati di Mosca, qualcosa che si ripete, pur con ovvie differenze, in questi mesi in Ucraina.

Inoltre, anche nella guerra d’Afghanistan si ebbero, sebbene poco ricordati, massacri e atrocità compiuti dalle forze di occupazione. Secondo gli studiosi Mohammad Kakar, W. Michael Reisman e Charles Norchi, l'Unione Sovietica avrebbe messo in atto un autentico genocidio. Le stime massime si spingono a parlare di due milioni di afghani rimasti uccisi dalle truppe sovietiche e dai loro alleati. Per separare i mujaheddin dalle popolazioni locali ed eliminare il loro sostegno, l'esercito uccise e scacciò i civili e usò tattiche di terra bruciata per impedire il loro ritorno, usando trappole esplosive, mine e sostanze chimiche in tutto il Paese. Vennero assassinati indiscriminatamente combattenti e non combattenti.

Diffuso fu anche lo stupro di guerra, usato come arma contro la popolazione. Disertori dell'esercito sovietico confermarono nel 1984 le atrocità delle truppe sovietiche su donne e bambini. I sistemi di irrigazione, cruciali per l'agricoltura nel clima arido dell'Afghanistan, furono distrutti dai bombardamenti aerei e dall’artiglieria delle forze sovietiche o governative (comandate dagli occupanti). Nell'anno peggiore della guerra, il 1985, più della metà dei contadini rimasti in Afghanistan videro i loro campi devastati e più di un quarto ebbe i sistemi di irrigazione distrutti e il bestiame ucciso. Il “pantano” afghano nel quale i russi non riuscirono ad avere la meglio sulla guerriglia locale provocò la morte di almeno 25mila soldati e civili sovietici e si concluse con il ritiro nel 1989. La guerra d’invasione fu una delle cause che concorsero alla dissoluzione dell'Unione Sovietica. Il conflitto infatti accelerò le riforme avviate da Gorbaciov, la glasnost e la perestrojka, e favorì nuove forme di partecipazione politica critiche verso il Partito comunista, a cominciare proprio dai numerosi veterani. Inoltre, screditò l'immagine dell'Armata Rossa, rafforzando le spinte indipendentistiche delle Repubbliche sovietiche, compresa l’Ucraina. La storia non si ripete mai uguale, ma dalla storia si può sempre imparare.

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