
Nuvole di fumo si alzano nei cieli di Teheran dopo le ultime esplosioni - Ansa
Non è durato in carica neanche quattro giorni il generale Ali Shadmani, capo di stato maggiore dell’Iran in tempo di guerra. Era stato nominato il 13 giugno dalla Guida suprema Ali Khamenei per sostituire, seduta stante, il generale Gholamali Rashid ucciso nei primi raid israeliani di venerdì scorso. Ha subito l’identica sorte. Forti esplosioni nel centro e nel nord di Teheran hanno colpito il quartier generale d’emergenza dove si trovava, costringendo alla fuga altri membri della leadership militare. «Sotto la sua guida, il centro di comando di emergenza di Khatam al-Anbiya – informa l’esercito israeliano – gestiva le operazioni di combattimento».
Nel quinto giorno della guerra dei cieli tra Israele e Iran, quella del generale è l’uccisione più clamorosa ma non l’unica. Secondo i calcoli dell’Ong Human Rights Activists in Iran (Hrana), sarebbero più di 450 i morti dall’inizio dell’attacco: si tratta di 224 civili, di cui Hrana ha diffuso le generalità, 109 militari e 119 persone non identificate. I feriti sarebbero quasi 650, di cui 188 civili identificati, 123 militari e 335 persone ancora da identificare. Il ministro della Salute, Mohammad Reza Zafarghandi, ha detto i raid, dal 13 giugno, hanno ucciso anche 10 bambini e 35 donne, e causato 1.800 feriti. Tutti i medici e gli infermieri a riposto sono stati richiamati in servizio, in previsione di un’ulteriore escalation.
Esplosioni sono state udite anche nella zona di Isfahan, nel centro del Paese, dove si trovano numerosi impianti per l’arricchimento dell’uranio. Nei giorni scorsi erano stati bombardati dai caccia israeliani i siti nucleari di Natanz e di Fordow: del primo, un centro pilota per l’arricchimento, è stata distrutta la parte in superficie; nel secondo, un bunker sotterraneo nel cuore di una montagna protetto da centinaia di metri di roccia, non risultano danni. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha confermato «impatti diretti» anche sulla parte sotterranea del sito di Natanz, basandosi «su una continua analisi delle immagini satellitari».
Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha dichiarato che «ci sono più di dieci obiettivi nucleari» che l’aviazione intende colpire: «Obiettivi molto significativi, strategici, del regime e infrastrutture». Katz ha ammesso che l’impianto di Fordow è così profondo che solo le bombe “bunker buster” americane potrebbero distruggerlo, aggiungendo tuttavia che il sito «sarà sicuramente sulla lista degli obiettivi». Il Jerusalem Post, citando l’esercito, scrive che le Forze israeliane hanno pronti i piani per colpire Fordow, non appena ci sarà il via libera politico. Fonti militari riportate dal Times of Israel sostengono che Israele raggiungerà i suoi obiettivi in una o due settimane. Ripetendo la minaccia del premier Benjamin Netanyahu a Khamenei, il ministro Katz ha dichiarato: «Avverto il dittatore iraniano che chiunque segua le orme di Saddam Hussein finirà come lui». Il despota di Baghdad fu deposto nel 2003 e impiccato nel 2006, dopo l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti che lo accusavano di possedere armi di distruzione di massa (accusa rivelatasi infondata). Khamenei, che si troverebbe in un bunker, avrebbe trasferito temporaneamente alcuni poteri esecutivi al Consiglio supremo dei Guardiani della Rivoluzione (i pasdaran). L’aeronautica israeliana sostiene di aver distrutto nei giorni scorsi 70 batterie di difesa aerea, conquistando il controllo dei cieli. Ora nel mirino dei droni ci sono i radar e i lanciatori di missili terra-aria.
Da parte iraniana, sono proseguiti i lanci di missili e droni «contro obiettivi importanti e strategici» nel centro di Israele. Le sirene hanno suonato più volte a Tel Aviv e dintorni. Anche il sistema Aegis della Marina statunitense avrebbe contribuito a intercettare e abbattere i missili, da una nave ancorata al largo delle coste israeliane, stando a Channel 12. Teheran ha rivendicato di aver colpito il quartier generale del Mossad a Herzliya, cittadina costiera a nord di Tel Aviv. Sostiene di aver raggiunto anche il centro logistico della Direzione dei Servizi segreti a Glilot. Le autorità israeliane non hanno confermato e la censura interna non consente ai media di pubblicare informazioni che consentano di identificare possibili bersagli. Le immagini arrivate da Herzliya mostrano un cratere sul terreno, nel luogo dell’impatto di un missile, e una serie di autobus bruciati tutto interno. Non si registrano vittime: è stato colpito un deposito di pullman. Le Forze di difesa israeliane hanno confermato il bilancio, dall’inizio del conflitto, di 24 civili uccisi e almeno 647 feriti, di cui 10 in gravi condizioni, oltre a 2.725 persone evacuate. In serata, Teheran ha annunciato imminenti attacchi «punitivi», esortando i residenti a evacuare Tel Aviv e Haifa.
L’Iran ha annunciato di avere «abbattuto con successo» un caccia F-35 israeliano a Tabriz, nel nord-ovest del Paese. Nella stessa zona avrebbe buttato giù anche due droni. Sul fronte interno, prosegue il giro di vite nei confronti dei sospetti fiancheggiatori dei servizi segreti israeliani. Presunti membri del Mossad sono stati arrestati a Isfahan: sarebbero stati responsabili della gestione di un impianto di produzione di droni, assemblaggio ed esecuzione di test esplosivi. Arrestato anche un giornalista, Ali Pakzad, del quotidiano riformista Shargh: l’accusa non è nota, aveva documentando l’attacco alla sede della televisione di Stato Irib a Teheran. Colpita lunedì, ieri era ancora avvolta dal fumo dell’incendio.
Da Washington arriva la notizia del rafforzamento della presenza militare statunitense in Medio Oriente: «Ho ordinato lo schieramento di risorse aggiuntive nell’area», ha scritto su X il Segretario alla Difesa, Pete Hegseth. Spostati nell’area oltre 30 aerei cisterna per il rifornimento in volo dei caccia.