venerdì 8 dicembre 2023
Washington mette il veto in Consiglio di sicurezza a una richiesta di cessate il fuoco immediato: «Hamas continua a rappresentare una minaccia per Israele e mantiene il controllo della Striscia»
Il segretario generale Guterres ha partecipato al Consiglio di sicurezza dell'Onu che ha convocato invocando poteri straordinari

Il segretario generale Guterres ha partecipato al Consiglio di sicurezza dell'Onu che ha convocato invocando poteri straordinari - Reuters

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«L’inazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e i veti degli Stati membri, in particolare gli Stati Uniti, li rendono complici del massacro» nella Striscia di Gaza. Non lascia spazio all’interpretazione la posizione dell’Ong Medici senza frontiere. Dalla ripresa dei combattimenti, il 1°dicembre dopo sette giorni di tregua, nel solo ospedale al-Aqsa hanno visto arrivare 1.149 pazienti, dei quali 350 sono deceduti quasi subito. E altri ne vedranno, dal momento che il colpo di mano del segretario generale António Guterres non è servito a sbloccare la posizione degli Usa. Venerdì sera il Consiglio di sicurezza ha respinto la bozza di risoluzione che chiedeva una tregua umanitaria. Con il veto degli Usa, l’astensione del Regno Unito e gli altri 13 voti a favore. «Un veto sarebbe un fallimento del Consiglio di Sicurezza» dichiarava nel pomeriggio l’ambasciatore francese all’Onu, Nicolas de Riviere.

«Hamas continua a rappresentare una minaccia per Israele e mantiene il controllo della Striscia» ha detto il vice ambasciatore americano all’Onu, Robert Wood, e gli Usa preferiscono lavorare perché si creino le condizioni per «una pace duratura in cui sia israeliani sia palestinesi possano vivere in sicurezza».

Durissimo l’intervento di Guterres, che con un gesto senza precedenti aveva convocato il Consiglio invocando l’articolo 99 della Carta dell’Onu in presenza di «una minaccia al mantenimento della pace e alla sicurezza internazionale». «La gente di Gaza vede l’abisso – ha scandito –. Non esiste una protezione efficace dei civili, nessun posto a Gaza è sicuro». Rivolgendosi ai 15 membri del Consiglio, ha detto che la situazione è vicina al punto di non ritorno: «Le condizioni per l’effettiva consegna degli aiuti umanitari non esistono più. Gli intensi bombardamenti, le restrizioni israeliane ai movimenti, la carenza di carburante e le comunicazioni interrotte rendono impossibile per le agenzie delle Nazioni Unite e i loro partner raggiungere le persone. Anche il sistema sanitario sta crollando».

Evocando una «spirale da incubo» Guterres ha aggiunto che «stanno finendo le scorte di cibo» e che «ai palestinesi viene chiesto di muoversi come palline da flipper rimbalzando verso aree sempre più ristrette». «Gli occhi della storia ci guardano – ha ammonito –. È tempo di agire. La brutalità di Hamas non giustifica la punizione collettiva».

In una giornata di intensi raid aerei, l’esercito ha detto di aver colpito 450 obiettivi in ventiquattr’ore. I soldati continuano a distruggere tunnel e altre infrastrutture di Hamas. L’altra notte sono state centrate anche capacità navali e di intelligence. Per due ore è stata bombardata la città di Khan Yunis, dove si troverebbe il leader di Hamas Yehya al-Sinwar. L’esercito ha distrutto postazioni nell’università al-Azhar di Gaza City: nel campus avrebbe trovato «un tunnel che correva fino a una scuola distante un chilometro». C’erano «armi, ordigni esplosivi, parti di razzi e sistemi tecnologici». «Vedo segnali che Hamas sta cominciando a cedere» ha detto il ministro della Difesa Yoav Gallant.

Fallito invece un blitz per liberare alcuni ostaggi: la Brigata Ezzedin al-Qassam ha diffuso un video che mostra il cadavere di un rapito, un militare 24enne. Israele spiega che «due soldati sono rimasti gravemente feriti in un’operazione per salvare gli ostaggi». L’esercito ha annunciato la morte di altri militari: il bilancio dell’offensiva sale a 93 caduti.

Le vittime palestinesi, stando al ministero della Sanità di Hamas, sarebbero 17.487. «Ogni giorno perdiamo decine di feriti a causa della mancanza di cure», denuncia il portavoce.

Ucciso anche il poeta Refaat Alareer, docente di Letteratura inglese all’Università islamica. «Se dovessi morire... che questo porti speranza, sia un racconto», aveva scritto.

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