giovedì 11 gennaio 2024
L'accusa di Pretoria è contenuta nelle 84 pagine di requisitoria. La Corte internazionale di giustizia deve decidere se nell’azione militare nella Striscia si ravvisino gli estremi del «genocidio»
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In aula è un processo giudiziario, celebrato secondo le regole del diritto internazionale. Fuori, è una battaglia tra posizioni politiche, condotta con le armi delle rispettive propagande, ciascuno nascondendo i propri legami in fatto di geopolitica. Il Sudafrica è riuscito a trascinare Israele davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, a cui chiede di ordinare lo stop delle operazioni militari a Gaza per scongiurare il pericolo di un genocidio.

Il processo nel Tribunale Onu si è aperto oggi con l’intervento dei rappresentanti sudafricani. Israele respinge le accuse seguendo due strade. Domani, venerdì, in tribunale con gli argomenti del diritto spiegherà perché non si possa parlare di «genocidio». Mentre nell’agone pubblico con altri toni accusa Pretoria di essere diventata il «braccio politico-internazionale di Hamas». Fuori dal Palais de la Paix nella città olandese che ospita la cittadella giudiziaria delle corti internazionali, una folla si è riunita per contestare Israele.

Pochi mesi fa, prima di una imbarazzante retromarcia, il Sudafrica si era dichiarato disposto a violare l’ordine di cattura internazionale per Vladimir Putin (ricercato per i crimini in Ucraina) pur di accoglierlo a un vertice dei Brics, il raggruppamento delle economie emergenti di cui fanno parte fra gli altri Brasile, Russia, Cina, Iran, Arabia Saudita e lo stesso Sudafrica. A calcare la mano è arrivato anche il Cile, in ottimi rapporti con la Cina, che si appresta a denunciare la leadership israeliana davanti all'altra Corte, quella Penale Internazionale. Le “amicizie” di chi accusa, per gli israeliani sono chiare.

«Anche oggi abbiamo visto un mondo alla rovescia: Israele è accusato di genocidio mentre sta combattendo il genocidio». Così il premier Benjamin Netanyahu che denuncia «l’ipocrisia di Pretoria» davanti a «un’organizzazione terroristica che ha commesso il crimine più terribile contro il popolo ebraico dai tempi della Shoah».

La lettura dei fascicoli giudiziari permette di delimitare il perimetro delle contestazioni. «Gli atti e le omissioni di Israele lamentate dal Sudafrica hanno carattere genocida perché sono tesi a provocare la distruzione di una parte sostanziale del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese», si legge nelle 84 pagine di accuse depositate da Pretoria. «Gli atti in questione – viene spiegato – includono l’uccisione di palestinesi a Gaza, il causare loro gravi danni fisici e mentali e l’imposizione di condizioni di vita intese a provocare la loro distruzione fisica». Le azioni contestate «sono tutte attribuibili a Israele» che continua «a violare i suoi altri obblighi fondamentali ai sensi della Convenzione sul genocidio, anche non riuscendo a prevenire o punire l’incitamento diretto e pubblico al genocidio da parte di alti funzionari israeliani».

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha dichiarato che il suo Paese è stato spinto a presentare il caso in seguito al «massacro in corso della popolazione di Gaza». Il non detto è nello scambio di reciproci screzi. Il Sudafrica ha sempre sostenuto le posizioni palestinesi contro l’occupazione israeliana, arrivando a dichiarare che il regime di separazione imposto da Israele sarebbe più restrittivo e violento di quanto non avvenuto all’epoca dell’apartheid. Ma stavolta a pesare è stato un dispetto diplomatico.

«Il 21 dicembre 2023, il Sudafrica – lamentano gli autori dell’istanza all’Aja – ha inviato una nota verbale all’Ambasciata di Israele a Pretoria», in cui veniva espressa la preoccupazione riguardo a «rapporti credibili secondo cui atti che raggiungono la soglia del genocidio o crimini correlati, come definito nella Convenzione sulla prevenzione e la punizione del genocidio del 1948, sono stati e potrebbero ancora essere commessi nel contesto del conflitto» a Gaza.

Una risposta di Israele avrebbe forse potuto scongiurare l’apertura del procedimento giudiziario. Ma da Gerusalemme non è arrivata nessuna reazione formale, e il Sudafrica è passato alle vie di fatto, dopo che la leadership israeliana aveva definita come «oltraggiosa e falsa» la posizione di Pretoria. Come ha spiegato il portavoce del governo israeliano, Eylon Levy, oggi il suo Paese «comparirà davanti ai giudici per dissipare l’assurda diffamazione del Sudafrica, mentre Pretoria dà copertura politica e legale al regime stupratore di Hamas».

Per la Corte sarà molto difficile dissipare i dubbi di natura tecnica riguardo alla configurazione dell’accusa di genocidio. Tuttavia l’immagine internazionale di Israele, e in particolare del governo Netanyahu, ne esce indebolita soprattutto in seguito alle dichiarazioni recenti di due pesi massimi della politica internazionale, i quali potrebbero essere convocati all’Aja: pur respingendo l’ipotesi di «genocidio», il ministro degli esteri britannico Cameron e il suo omologo statunitense Blinken negli ultimi giorni hanno accusato il governo di Gerusalemme di avere commesso non pochi eccessi a Gaza.

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