martedì 26 agosto 2014
Reincarico all’attuale premier per il mega-rimpasto Lite sul rigore economico, salta il ribelle Montebourg.
Hollande debole Francia più fragile di Sergio Soave 
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I vistosi nodi politici interni che da settimane inceppavano l’azione dell’esecutivo socialista francese sono improvvisamente venuti al pettine nelle ultime ore, spingendo il presidente François Hollande e il premier Manuel Valls a formalizzare ieri a sorpresa la crisi di governo. Dopo le critiche frontali lanciate nel fine settimana contro la politica economica dell’esecutivo da due grossi calibri dello stesso governo, il ministro dell’Economia Arnaud Montebourg e il ministro dell’Istruzione Benoît Hamon, Hollande e Valls si sono parlati domenica pomeriggio, concordando sulla necessità di chiudere l’esperienza del primo rissoso governo Valls, che negli annali resterà come il più breve di tutta la Quinta Repubblica: neppure cinque mesi di vita. Ieri mattina, Valls ha così rassegnato le dimissioni, accolte da Hollande che ha però subito incaricato il premier uscente di formare un nuovo governo. La squadra del “Valls 2” si conoscerà già oggi e quasi certamente non conterà il tandem impavido di ammutinati Montebourg-Hamon. Mancheranno pure i verdi e l’ex titolare socialista della Cultura, Aurelie Filippetti: «Voglio restare fedele ai miei ideali», ha scritto ieri in una lunga lettera ad Hollande, preferendo i ribelli. In generale, rischiano di sloggiare tutti i ministri vicini all’ala dissidente della maggioranza Ps nata in Parlamento per denunciare certi assiomi «troppo poco di sinistra» dell’Eliseo: l’attenzione al risanamento dei conti, i tagli della spesa pubblica, il recente «patto di responsabilità» fra governo e Confindustria francese (Medef), giudicato dai frondisti privo di contropartite per i lavoratori. La principale miccia d’innesco della crisi è stata, sabato, un’intervistasu Le Monde in cui Montebourg aveva perorato «soluzioni alternative » rispetto a quelle del tandem Hollande-Valls, indicando in particolare che tutta l’Europa dovrebbe applicare «la regola dei tre terzi » come fa già in Italia il governo di Matteo Renzi: un terzo di economie realizzate investite per risanare il deficit, un terzo alle imprese e un terzo per il potere d’acquisto delle famiglie. L’indomani, nel corso di un meeting annuale (“Festa della rosa”) della corrente Ps a lui vicina, Montebourg ha rincarato la dose, subito doppiato dall’amico Hamon, davanti a un parterre tentato di remare contro le scelte dell’Eliseo. E ieri pomeriggio, dopo aver rapidamente incontrato Valls, il ministro ribelle è tornato a ribadire che la linea del rigore di bilancio seguita dalla Francia per allinearsi con Berlino e Bruxelles è una catastrofe «che mette a rischio la Repubblica». Parole grosse per un divorzio fra due visioni che rischiano di ritrovarsi a lungo in trincea all’interno del Ps.Il mondo politico transalpino ha conosciuto ieri lunghe ore di fibrillazione. La leader ultranazionalista Marine Le Pen, reduce dal recente e clamoroso successo alle Europee, ne ha approfittato per chiedere nuovamente ad Hollande di sciogliere il Parlamento per «restituire la parola al popolo». Nell’opposizione neogollista (centrodestra), si denuncia lo «smarrimento » di Hollande e c’è chi torna a citare con insistenza il nome dell’ex presidente Nicolas Sarkozy come unica figura capace di allontanare il Paese da difficoltà economiche che paiono sempre più croniche, simbolizzate da 8 mesi consecutivi di avanzata sostenuta della disoccupazione, oltre che da una bilancia commerciale in profondo rosso che accumula circa 5 miliardi al mese di nuovo deficit. Per Valls, è stata una fittissima giornata di consultazioni, a quanto pare anche per ricordare, innanzitutto ai ministri che resteranno, l’obbligo assoluto della fedeltà alla linea di governo. Sempre ai minimi storici in termini di popolarità, Hollande ha invece scelto di non annullare una trasferta presso un isolotto bretone, dove il presidente ha speso gran parte della giornata in commemorazioni della Seconda guerra mondiale.
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