sabato 27 agosto 2022
Putin si combatte con il termostato: decolla il piano varato da Olaf Scholz per ridurre del 20% al Paese «energivoro» i fabbisogni di gas. Monumenti e vetrine al buio
La centrale elettrica di Lichterfelde a Berlino

La centrale elettrica di Lichterfelde a Berlino - Ansa

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La notizia del nuovo stop, per ora ufficialmente di tre giorni, del gasdotto Nordstream1 da parte di Gazprom, a partire dal 31 agosto, suscita particolari preoccupazioni in Germania. Come noto, uno degli Stati più dipendenti da Mosca: prima dell’invasione russa dell’Ucraina il 55% del gas proveniva dalla Russia.

Nei mesi successivi Berlino è riuscita grosso modo a dimezzare questa quota, ma la situazione resta critica. Tant’è che il governo tedesco a giugno ha proclamato lo stato d’allerta energetica, il secondo livello del piano d’emergenza per il gas (il terzo è lo stato d’emergenza con gravi interruzioni di forniture).

Un clima di tensione con un impatto sull’economia: secondo i dati dell’Ufficio statistico federale del 25 agosto, nel secondo trimestre la crescita si è fermata allo 0,1%. Lo stesso giorno è stato pubblicato l’indice Ifo, che misura il sentimento economico delle imprese tedesche, con un nuovo minimo: 88,5 punti da 88,7 di luglio.

Berlino punta anzitutto a riempire al più presto gli stock di gas.

L’obiettivo è il 95% entro novembre, al momento siamo all’81%. Se però Mosca, come teme il governo tedesco e buona parte delle capitali europee, deciderà di tagliare del tutto le forniture di gas, la Germania non potrà raggiungere la quota prevista a novembre, con grandi interrogativi sull’inverno alle porte.

E anzi il capo della Bundesnetzagentur (l’agenzia federale per l’energia e le telecomunicazioni), Klaus Müller, si è detto scettico che, comunque vada, si possa superare l’85%. Anche per questo il governo tedesco sta cercando affannosamente nuovi fornitori, in questi giorni il cancelliere Olaf Scholz è a Ottawa per negoziare con il Canada.

Soprattutto, Berlino punta a risparmiare i consumi del 20% il prossimo inverno.

In questa direzione va l’ordinanza varata dal governo federale il 24 agosto, in vigore dal primo settembre al 28 febbraio 2023. «Sarà essenziale – ha avvertito il ministro dell’Energia, il verde Robert Habeck – risparmiare nettamente più gas: nella pubblica amministrazione, nelle imprese, in quante più famiglie possibili. Ci troviamo di fronte a uno sforzo collettivo nazionale».

Qualcuno parla già di «economia di guerra», una definizione un tantino esagerata. Tra le misure figura anzitutto l’obbligo di limitare i riscaldamenti a non oltre i 19 gradi negli uffici pubblici e privati.

Nei luoghi di lavoro con intensa attività fisica si scende a un massimo di appena 12 gradi. Esentati naturalmente ospedali, asili, scuole. Non basta: in luoghi in cui solitamente non si permane, come corridoi, vani destinati a macchinari, hall, ingressi e simili i termosifoni dovranno restare spenti. Più libertà per le case private, anche se le famiglie sono incoraggiate a ridurre le temperature. Sarà inoltre vietato riscaldare le piscine con gas o elettricità, tranne quelle in hotel o centri ricreativi.

Interessato anche il commercio: i negozi dovranno tenere sempre la porta chiusa e spegnere vetrine e insegne tra le 22 e le 6. Spenta anche l’illuminazione notturna di monumenti ed edifici pubblici.

Dal primo ottobre entra in vigore una seconda ordinanza, che prescrive controlli degli impianti edifici che riscaldano con il gas, misure di efficienza energetica per le imprese che consumano oltre 10 gigawatt l’ora all’anno, la sostituzione di pompe di calore poco efficienti e altre misure tecniche.

Se tutto questo non basterà, scatterà lo stato d’emergenza, e con questo una misura che tutti vogliono evitare: il razionamento. Esclusi, almeno in un primo tempo, solo famiglie, ospedali, scuole, industrie essenziali. Sarebbe un bagno di sangue.

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