giovedì 12 marzo 2009
In vista del Forum mondiale di Istanbul presentato il «più dettagliato rapporto di sempre» Disponibili 40mila chilometri cubi di riserve, solo un decimo sfruttato, tuttavia gli squilibri e la crescita dei consumi mettono a rischio alcune zone del mondo
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Facile come bere un bicchier d’acqua. Sarà pur vero. Ma fino a quando? E per quanti? E dove? Interrogativi semplici e in apparenza quasi oziosi, se negli ultimi anni tante evidenze non avessero scosso una convinzione antica quanto le più remote civiltà dei fiumi: quella dell’acqua dolce compagna fedele ed inesauribile – talora, certo, a costo di sforzi anche grandi di ricerca ed estrazione – nella realizzazione dei desideri umani. Il Programma mondiale delle Nazioni Unite sull’acqua ( Wwap), basato a Parigi e coordinato dall’Unesco, pubblica oggi «il più dettagliato rapporto di sempre » sulle disponibilità, gli usi e le prospettive dell’acqua nel mondo. Ed in vista delle decisioni politiche che saranno affrontate nell’imminente Forum mondiale d’Istanbul sull’acqua (16- 22 marzo), giunto alla quinta edizione dopo quello di Città del Messico nel 2006, le agenzie internazionali lanciano chiari avvertimenti sul futuro prossimo di una risorsa ancora riconosciuta solo in parte come « bene pubblico mondiale». Secondo le stime più recenti, il Pianeta offrirebbe oltre 40mila chilometri cubi di risorse idriche utili e rinnovabili. Di queste, solo un decimo sono sfruttate dall’uomo, in larghissima parte per l’agricoltura e l’industria. Ma due fattori combinati, ovvero la distribuzione estremamente diseguale di queste risorse e la crescita quasi esponenziale dei consumi in certe aree densamente popolate, continuano ad accrescere la mappa mondiale delle regioni già in stato di ' stress idrico', se non di aperta crisi. Intitolato « Acqua in un mondo che cambia » , il rapporto Onu sottolinea con forza che la gestione dell’acqua non potrà più essere delegata esclusivamente a tecnocrazie di settore. Per coniugare in futuro equità ed efficacia, le grandi decisioni dovranno riunire politica, società civile locale ed imprese. Una lezione, più che la conclusione di un’astratta teoria. Vi si è giunti, infatti, dopo un sorvolo panoramico degli esperimenti concreti di gestione coronati negli ultimi anni da un reale successo. Ma ancor più istruttivo, in molti casi, si è rivelato il catalogo degli errori talora drammatici e funesti. Tutti i continenti hanno conosciuto su scala locale risultati talora prodigiosi o al contrario quasi catastrofici. E il merito o la colpa non possono essere sempre interamente addossati ai singoli governi nazionali, anche se il loro ruolo resta centrale. Soprattutto nel quadro dei contenziosi e problemi legati ai grandi bacini idrografici transnazionali, dal Nilo al Mekong, dal Rio Grande al Danubio, la strada della cooperazione pare sempre più obbligata. E intanto, gli obiettivi del Millennio relativi all’acqua restano a rischio.
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