giovedì 9 marzo 2017
La Polonia non aveva ricandidato Donald Tusk, ma i 28 leader europei lo hanno sostenuto e riconfermato alla guida. Varsavia «paralizza» il vertice Ue
Donald Tusk rieletto alla presidenza del Consiglio Europeo (Foto Ansa)

Donald Tusk rieletto alla presidenza del Consiglio Europeo (Foto Ansa)

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Donald Tusk ha ottenuto il suo secondo mandato alla presidenza del Consiglio Europeo. Nonostante da un lato vi è stata l'opposizione del suo stesso Paese, la Polonia che non lo aveva ricandidato, e dall'altro l'apprezzamento per il suo lavoro di questi due anni e mezzo non è sempre stato unanime tra i leader europei e tra i colleghi delle altre istituzioni che non lo vedevano tagliato per i lunghi negoziati europei.

Dal canto suo, la Polonia ha fatto sapere - quasi fosse una forma di ritorsione - di voler bloccare la dichiarazione finale del summit Ue, dopo che i capi di Stato e di governo hanno rieletto Donald Tusk come presidente del Consiglio Europeo. L'hanno riferito fonti diplomatiche. «La Polonia si oppone ora alle conclusioni" che i 28 dovrebbero diffondere dopo la riunione a Bruxelles, anche se questo comunque non influirà sulla deliberazione di un nuovo mandato di due anni e mezzo per Tusk.

Quando Donald Tusk fu eletto per la prima volta a guidare le riunioni dei leader Ue, a fine 2014, la sua carriera politica parlava da sola: è stato il primo a vincere due elezioni consecutive nella Polonia democratica sconfiggendo il populismo di destra dei fratelli Kaczynski. Centrista e liberale, in buona sintonia con la Germania di Angela Merkel, è considerato un politico pragmatico, anche nel suo atteggiamento nei confronti della Russia sulla crisi dell'Ucraina che lambisce i confini del suo Paese. Ma l'atterraggio a Bruxelles non è stato facile. Fortemente criticato per la sua scarsissima padronanza dell'inglese, ha dovuto conquistarsi poco alla volta la fiducia dei colleghi.

Anche prendere le misure con i diversi dossier al Consiglio Europeo gli ha richiesto del tempo. E anche qualche gaffe. Non piacque, ad esempio, il suo ingresso a piè pari nella questione Ucraina, scavalcando anche il ruolo della Mogherini. Nella gestione della crisi greca e di quella dei migranti ha invece dimostrato di aver preso dimestichezza con quel lavoro diplomatico dietro le quinte per cui il suo predecessore, il belga Herman Van Rompuy, era stato tante volte lodato. Tusk, che non veniva dalla “bolla brussellese” come Juncker e non aveva ambizioni politiche come Schulz, non ha mai fatto pressione per guadagnarsi le luci della ribalta ma è stato capace di tenere unita l'Europa, ad esempio, sulla delicata questione delle sanzioni alla Russia, rinnovate l'estate scorsa.

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