mercoledì 4 giugno 2025
La vittoria del riformista Lee Jae-myung, considerato "outsider" e "underdog". La prima mossa: ha designato a suo consigliere un esperto di Russia e di Corea del Nord
Il neo presidente sudcoreano Lee Jae-myung

Il neo presidente sudcoreano Lee Jae-myung - Ansa

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La vittoria del riformista Lee Jae-myung nelle presidenziali di ieri in Corea del Sud era prevista e la conferma è stata il 49,4 per cento di preferenze che l'hanno distanziato di otto punti percentuali dal rivale conservatore Kim Moon-soo. Quest’ultimo designato dal Partito per il potere del popolo del presidente uscente, Yoon Suk-yeol, costretto alle dimissioni per avere imposto il 3 dicembre 2024 la legge marziale e avere avviato un semestre di profonda incertezza per il Paese.

A capo del Partito democratico dal 2022 e parlamentare dopo avere ricoperto la carica di sindaco di Seongnam e di governatore di provincia di Gyeonggi, Lee è a tutti gli effetti un “outsider”. Lo è sul piano politico per avere scalato velocemente i vertici del partito e delle istituzioni, lo è per la sua età relativamente bassa – sessant’anni anni – e per non avere mai accolto il “patronato” di personalità della politica, dell’economia e della finanza che in una realtà profondamente segnata da alleanze, influenze e spesso piagata dalla corruzione sono tutt’altro che ignote e che hanno portato anche nel recente passato all’arresto e alla condanna di leader politici e imprenditori.

Infine è anche un “underdog”, ovvero un individuo che si è fatto da solo partendo da origini umili e con lavoro in fabbrica, studio a singhiozzo e dedizione è riuscito a accedere alla professione legale prima di dedicarsi alla carriere politica. Da qui fermezza ma anche un atteggiamento dialogico, sensibilità sociale e pragmatismo.

Una cammino in salita, tuttavia, che denunce, scandali e anche un’aggressione a mano armata lo scorso anno non hanno interrotto, come pure la delusione di essere stato bocciato di misura dalle urne nel 2022 a favore di Yoon Suk-yeol non hanno interrotto. «Potrai preoccuparti della gente che fuori trema nel freddo mentre stai seduto nel tuo soggiorno riscaldato, ma non potrai mai capire davvero la sua sofferenza», aveva detto in un’intervista rilasciata all’agenzia France Presse nel 2020. Facile con questo curriculum, che se lo ha portato alla carica presidenziale sarà anche un pesante fardello da sostenere, essere visto come campione dei meno favoriti. Ed è un fardello pure l’accusa di corruzione che i suoi oppositori hanno cercato di utilizzare per impedirgli di correre per la presidenza, ma che Lee ha sempre negato e per la quale la sentenza definitiva dovrebbe essere rinviata a dopo la fine del mandato presidenziale nel 2030.

Le sfide che Lee Jae-myung si trova davanti nell’indirizzare un Paese incerto, ricco di potenzialità ma con una crescita tendenziale che una settimana fa la Banca di Corea ha ridimensionato all’0,8 per cento, sono anzitutto economiche, di crescita, occupazione e sostegno per i deboli. Questo in un contesto sociale che vede la più bassa fertilità al mondo e una popolazione anziana in aumento ma priva spesso di pensioni e sostegni sufficienti. Tutto questo richiede decisioni importanti ma anche un forte consenso per evitare un aggravamento delle fratture sociali.

Sul piano internazionale, le sfide sono sulla carta un riequilibrio dei rapporti con l’alleato statunitense, a partire dalla presenza di uomini e armi sul territorio in un contesto di presenza già attiva nordcoreana nel conflitto russo-ucraino e rinnovato bellicismo del regime. Ribadendo però il primato degli interessi sudcoreani nei rapporti con i vicini, Cina compresa, e con gli alleati, ma anche il tentativo di riattivare il dialogo con Pyongyang. Significativa in questo senso la telefonata con il presidente cinese Xi Jinping e, tra i primi provvedimenti presi oggi, la designazione di un esperto di Russia e Corea del Nord a suo primo consigliere, oltre alla nomina del nuovo premier e del capo dei servizi segreti.

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