lunedì 17 febbraio 2014
​Reso  noto il report finale della Commissione d'inchiesta sui campi di prigionia e sulle sparizioni forzate. Chiesto il deferimento delle autorità alla Corte penale internazionale.   
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Crimini contro l'umanità. È pesante il report finale della Commissione d'inchiesta che da un anno sta indagando su ciò che avviene in Corea del Nord. Sparizioni forzate anche all'estero, campi di prigionia e di lavoro, monopolio del cibo da parte del regime, politiche di indrottinamento: sono solo alcuni dei "capi d'imputazione" che i tre esperti, nominati dall'Onu il 21 marzo dell'anno scorso, hanno avanzato oggi nei confronti del regime di Pyongyang in 400 pagine fitte di dati, analisi, interviste.Quello che manca, però, è l'osservazione diretta: la Corea del Nord infatti ha negato l'accesso ai tre "ispettori" e ai loro collaboratori, e così anche la Cina. Quindi la Commissione ha indagato tramite interviste a espatriati, in condizioni di assoluta segretezza. 

Negli ultimi 5 decenni, "centinaia di migliaia di prigionieri politici sono morti nei campi diprigionia della Corea del Nord": le persone nei campi è stata gradualmente eliminata con una politica deliberata di fame, lavori forzati, esecuzioni, tortura, stupri, aborti forzati e l'infanticidio. "Le indicibili atrocità" commesse contro i detenuti di questi campi di prigionia politica, detti 'kwanliso', "somigliano agli orrori dei campi creati dai peggiori Stati totalitari del XX secolo", si legge nel rapporto. Il regime di Pyongyang nega l'esistenza dei campi, ma vi sono testimonianze di ex guardiani e detenuti.  Inoltre - afferma il rapporto di quasi 400 pagine - immagini satellitari provano che sono ancora operativi e benché il loro numero sia diminuito, "a causa dei decessi e di qualche rilascio, si stima che tra 80mila e 120mila mila persone siano attualmente detenute in quattro grandi campi di prigionia politica". "La gravità, la scala e la natura di queste violazioni rivelano uno stato che non ha alcun parallelo nel mondo contemporaneo", si legge nel rapporto. E poi l'appello delle Nazioni Unite alla comunità internazionale: "Il mondo non può addurre l'ignoranza come scusa per aver fallito nel porre fine alle violazioni dei diritti umani in Corea del Nord". Uno degli ispettori, Michael Kirby, ha fatto il paragone con quanto successo dopo la seconda mondiale, quando in molti dissero che non si sapeva ciò che succedeva nei campi di sterminio. "Adesso il mondo sa. Non c'è nessuna scusa".

La commissione Onu ha anche raccomandato di deferire la situazione del Paese alla Corte penale internazionale, affinché le persone sospettate di crimini contro l'umanità , leader supremo incluso, ne rispondano davanti alla giustizia. Questa decisione è stata comunicata allo stesso al leader supremo Kim Jong-un.La Corea del Nord ha immediatamente rifiutato "categoricamente e totalmente" il rapporto, perché basato su "informazioni false fornite da forze ostili" al regime "sostenute da Stati Uniti, Europa e Giappone".

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