giovedì 6 agosto 2009
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«La situazione è critica. Specialmente dopo il ri­tiro americano dalle no­stre strade. C’è paura, nella gente: non solo per la quotidianità che ri­mane incerta e precaria, ma per gli attentati che non si placano. Le ulti­me bombe contro le chiese hanno spezzato il morale alla nostra gente. Poi ci sono state le bombe contro le moschee. Quello che io vedo non può che essere una violenza controllata. Qualcosa di programmato». Il prossimo 15 agosto, saranno tre an­ni dal giorno del suo rapimento. Pri­gioniero per quasi un mese, senza giorno che gli venissero risparmiate le botte. Padre Saad Sirop Hanna, par­roco caldeo della chiesa di San Giu­seppe, è giovane, laureato in Inge­gneria aeronautica, ha studiato filo­sofia alla Gregoriana di Roma e cer­to non si nasconde dietro le parole: «In Iraq la gente muore. Eravamo un Paese avanzato, adesso non abbiamo un servizio che funziona. In giro si vedono solo armi, ma ancora poco o niente si fa per la gente». Le elezioni del 2010 possono essere una possibile svolta? Il nostro timore è che da qui ad allo­ra la violenza domini ancora. Abbia­mo il petrolio che ci ha portato solo guai e io ogni giorno prego Dio per­ché se lo porti via. Dove finiscono i soldi del greggio? Negli anni Settan­ta avevamo le migliori università e i migliori ospedali di tutto il Medio­riente. Oggi i nostri ospedali manca­no di dottori e le università di pro­fessori. Sei anni dopo la guerra nien­te è stato fatto. Qui non si tratta di di­re che si stava meglio quando si sta­va peggio. Ma se ai nostri politici sta veramente a cuore la loro gente e vo­gliono la nostra fiducia, devono co­minciare a fare qualcosa di vero. Chi soffre di più? Tutti soffriamo in Iraq: cristiani, mu­sulmani, curdi, yazidi. Non esiste u­na classifica. C’è un popolo unico. Noi siamo una minoranza e il dolore lo sentiamo più acceso. La mia par­rocchia aveva 1.400 famiglie, ne sono rimaste 400. Gli altri sono andati via. A Baghdad c’erano 450.000 cristiani ne sono rimasti 200.000 e l’esodo continua. E poi ci sono migliaia e mi­gliaia di rifugiati iracheni musulma­ni accampati ai confini. Sembra un destino ineluttabile, la scomparsa dei cristiani da queste terre cui appartengono da sempre? Io non voglio dire questo, sono i fat­ti che lo attestano. Ogni domenica in chiesa non ci sono più di 40 fedeli e tutti sono anziani. Prima celebravo la Messa del mattino con 400 fedeli e altrettanto erano quelli presenti in quella della sera. Come possiamo pensare di dare un futuro ai giovani cristiani laureati che per avere un la­voro devono pagare più di mille dol­lari a qualche personaggio nell’uffi­cio giusto? Questa si chiama corru­zione. Le nuove generazioni escono forte­mente segnate e penalizzate da que­sta situazione? Certo, le nuove generazioni, i nostri bambini, senza potere accedere a u­na giusta risorsa educativa, non po­tranno che crescere covando l’odio e la violenza. Ci vuole tanto per capir­lo? E poi chi oggi si laurea e non tro­va un lavoro non riuscirà mai a crear­si una famiglia propria.
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