sabato 16 dicembre 2023
L'industria dei diplomi del gigante asiatico ha sfornato oltre 11 milioni di laureati nel 2023. Ma senza un adeguato sviluppo dei servizi i giovani rischiano di restare a spasso
Selfie dopo la laurea all'Università Renmin a Pechino

Selfie dopo la laurea all'Università Renmin a Pechino - ANSA

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L’“ammissione” è sfuggita a Zhang Dandan, professore dell'Università di Pechino, sulle colonne della prestigiosa rivista Caixin Global. «La disoccupazione giovanile in Cina ha sfiorato, nel mese di marzo, quota 50 per cento». Una cifra monstrum, un dato allarmante, che collide con la stima ufficiale dell’Ufficio nazionale di statistica, secondo il quale il tasso veleggerebbe attorno al 19 per cento (al 21,3 per cento nel mese di giugno). Tanto che, misteriosamente, l’articolo – e la cifra relativa alla disoccupazione – è evaporato dal Web, non prima di essere però “captato”, destando una scia di commenti e spigolature tra gli analisti. Quale che ne sia l’esatto perimetro, la Cina si trova oggi a fronteggiare un problema grave, che rischia di inceppare la trasformazione in atto del suo sistema produttivo, da fabbrica del mondo a potenza hi-tech: la disoccupazione intellettuale. Sono, infatti, soprattutto loro, i più giovani e più istruiti, i figli della classe media cinese, a non trovare lavoro, proprio mentre l’economia del gigante sta conoscendo una fase di forte rallentamento.

Un fattore che non ha solo inevitabili riflessi economici ma che insidia il patto non scritto, “firmato” tra il Partito comunista e il Paese, che è stato alla base della straordinaria ascesa del gigante asiatico negli ultimi decenni: la ricchezza diffusa in cambio del “conformismo” politico. E che colpisce proprio quella classe media che dovrebbe dare ossigeno, attraverso i consumi interni, all’economia del Paese che vuole disimpegnarsi, almeno in parte, dalle esportazioni.

Non si può dire che Pechino non abbia investito nell’istruzione, anzi. Come riporta Asia Times, all’inizio del secolo la Cina “produceva” un milione di laureati. Negli anni la cifra ha conosciuto un aumento vertiginoso. Nel 2023 l’“esercito” dei laureati ha toccato quota 11,6 milioni, mentre l’anno precedente era di 10,76 milioni. Il think tank Council on foreign relations mette il dito nella piaga delle disfunzioni dell’economia cinese. Finché verrà privilegiato il settore edilizio e trascurato quelle dei servizi, “azzoppato” dalle politiche del Partito poco incline a investire nei settori in cui non è predominante, resta molto improbabile che i giovani che escono da un’università possano trovare in tempi ragionevoli un lavoro. «Il messaggio per i politici cinesi è chiaro: aumentare il numero dei laureati limitando i servizi e sovvenzionando l’edilizia è una cattiva economia e una politica sociale ancora peggiore», scrivono gli analisti del think tank. Non solo, l’automazione potrebbe espellere dal mercato del lavoro, da qui al 2030, circa 220 milioni di lavoratori.

La disoccupazione giovanile è solo uno dei tanti “smottamenti” demografici che, da tempo, hanno alterato la struttura sociale cinese. La politica del figlio unico, praticata per decenni e poi repentinamente abbandonata, senza però che si invertisse la rotta della curva demografica, ha profondamente inciso sugli equilibri della società cinese. Come riportato da Bloomberg, «il cambiamento demografico è stato il “fattore trainante” del calo occupazionale del 2022, con la popolazione in
età pensionabile aumentata drasticamente».

I dati certificano la portata del terremoto in atto. La popolazione cinese in età lavorativa ha raggiunto il picco nel 2014, quando era parti a quasi un miliardo di persone. Da allora è iniziato un declino, apparentemente inarrestabile. Secondo una stima delle Nazioni Unite, entro il 2100 la Cina avrà una forza lavoro inferiore a 400 milioni. «Sfruttare il potenziale dei lavoratori esistenti sarà fondamentale per mantenere la produttività economica», commenta il sito Axios. Il tasso di natalità cinese è rimasto per decenni a un livello basso ma ancora “tollerabile”, compreso tra 1,6 e 1,8. Negli ultimi cinque anni c’è stato il collasso: il tasso di natalità è crollato a 1,1. «Il futuro della Cina si sta sciogliendo», ha commentato Asia Times.

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