mercoledì 18 marzo 2009
La posizione del Papa sull’Aids? Realista, ragionevole e scientificamente fondata. In una intervista che apparirà domani su Avvenire, lo sostiene Filippo Ciantia, un medico responsabile dell’ong italiana Avsi che dal 1980 vive e lavora in Uganda, uno dei paesi africani più colpiti dal virus.
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La posizione del Papa sull’Aids? Realista, ragionevole e scientificamente fondata. In una intervista che apparirà domani su Avvenire, lo sostiene Filippo Ciantia, un medico responsabile dell’ong italiana Avsi che dal 1980 vive e lavora in Uganda, uno dei paesi africani più colpiti dal virus. L'esperienza, dice Ciantia, suggerisce che l’approccio farmacologico è insufficiente: i dati dimostrano che l’Aids è diminuito quando si è lavorato per modificare i comportamenti sessuali e gli stili di vita delle persone, cosa che a sua volta deriva da un lavoro di informazione e educazione che coinvolge le famiglie, le donne, le scuole. Il governo ugandese, che ha puntato su questo approccio, ha dimostrato che questa è l'unica strada che funziona: la prevalenza dell’Hiv è passata dal 15% del 1992 al 5% del 2004. Eppure c’è una notevole ritrosia a intervenire su questo terreno perché si dice che in nome della libertà non è lecito intromettersi nelle scelte della gente. «Ma allora perché lo si fa con le campagne contro il fumo, l’alcol, la droga?». ha detto ancora Ciantia. Fondamentale per il successo conseguito in Uganda è stato il coinvolgimento dei leader religiosi e delle comunità locali, che hanno collaborato a combattere lo stigma nei confronti dei malati e ad offrire una compagnia umana che è stata capace di rilanciarli nella vita. È un piccolo miracolo quotidiano, un’esperienza d’amore più contagiosa del virus.
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