sabato 23 dicembre 2023
Un lutto, dopo la strage di giovedì all'università, che ci riguarda tutti: così l'antico suono può diventare il simbolo di una solidarietà che abbraccia tutto il continente
Campanaro a Brno suona per ricordare le vittime di Praga

Campanaro a Brno suona per ricordare le vittime di Praga - Ansa

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«È difficile trovare le parole» ha ammesso sconfortato il primo ministro ceco Petr Fiala. Parole troppo povere, del tutto inadatte a esprimere «da un lato la condanna», e dall’altro il «dolore e la tristezza che tutta la nostra società prova in questi giorni prima di Natale». Fra bandiere a mezz’asta in tutta la Repubblica Ceca e pellegrinaggi spontanei per deporre candele e fiori davanti all’ingresso dell’università Carolina, nella Città vecchia di Praga – dove giovedì David Kozak ha ucciso 14 fra studenti e professori prima di suicidarsi – le parole vengono meno. Così nel minuto di silenzio programmato a mezzogiorno, a dare voce e forma a quel dolore per tutti straziante, sono state le campane. Lunghi rintocchi di dolore e condanna, di pietà e commozione, di impegno a vigilare sul futuro, risuonati a Praga e in tutta la Repubblica Ceca, come in tanti campanili d’Europa.

Un dolore indicibile, e per questo tanto forte da superare i confini nazionali e diventare un segno di unità della vecchia Europa. Un segnale, tanto spontaneo e autentico, quanto inconsapevole, di quell’”Europa dei popoli” da oltre 70 anni in cammino. Un’Europa che non può certo appassionare per strumentali e cavillosi dibattiti sul Mes e con regolamenti che consentono di commercializzare prodotti alimentari fatti a base di polvere di grillo. Per questo la vecchia campana, che per secoli ha segnato, dall’alba al tramonto, i ritmi della civiltà contadina, potrebbe essere il simbolo di una nuova “comunità civile” più ampia del borgo. Se un tempo, trasversali a ogni credo e filosofia, le campane suonavano pure per mettere in allarme e segnalare un pericolo in arrivo, adesso l’antico rintocco può essere un simbolo, semplice e per questo riconosciuto da tutti, capace di richiamare il senso civico della vecchia Europa da sempre in costruzione. Una società europea che scopre, nelle pieghe di una apparente prospera normalità, una violenza cieca e inspiegabile: nessuna affiliazione estremistica, nessuna motivazione terroristica hanno fatto sapere gli inquirenti. Piuttosto, consegnata a poche frasi lasciate sui social dal 24enne David Kozak dopo aver assassinato il padre, una violenza stragista figlia di una follia nutrita di una disperazione e di un individualismo che ci eravamo illusi fossero triste appannaggio del più profondo malessere del gigante statunitense. Una presa d’atto, una dolorosa consapevolezza di non essere immuni da questo delirio di morte. Proprio per questo quei pochi rintocchi di campana come segno di solidarietà nel dolore possono – a sei mesi da una quanto mai decisiva consultazione elettorale per gli equilibri a Bruxelles – essere il segno di un’Europa diversa, costruita su un umanesimo basato sulla difesa della vita umana e della convivenza civile.

La strage di Praga non è una questione che riguarda società e politici cechi, ma è una tragedia che ha colpito tutti noi, europei. Una strage in casa nostra per cui non restare indifferenti ma reagire, a partire da un dolore condiviso. «L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto» affermava nel 1950 la Dichiarazione Schuman che avviò il processo di integrazione europea con la messa in comune del carbone e dell’acciaio. Una «solidarietà di fatto» nel dolore che, più che con le parole, nel “borgo Europa” si costruisce attorno al rintocco di una vecchia campana.

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