giovedì 28 luglio 2022
La città martoriata dai russi pensa a rifugi in “stile israeliano” per consentire alla gente di spostarsi nonostante gli attacchi. Maryna: «Se dovessimo star dietro alle sirene, ne usciremmo pazzi»
Un rendering del progetto pensato dalle autorità di Kharkiv per rendere sicure le fermate degli autobus

Un rendering del progetto pensato dalle autorità di Kharkiv per rendere sicure le fermate degli autobus - Archivio

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Gli autobus verdi sono uno dietro l’altro. Devastati. Testimoni degli attacchi dal cielo che ogni giorno si abbattono su Kharkiv, la seconda città dell’Ucraina dopo Kiev. Il fronte è a venti chilometri dal deposito dei pullman pubblici distrutti dalle bombe russe che cadono ad ogni ora del giorno e della notte. I bus di linea sono fra i pochi mezzi che continuano a circolare nella metropoli che con il suo hinterland contava, prima della guerra, tre milioni di abitanti. E accade che, mentre viaggiano, diventino bersaglio mobile di Mosca. Per il resto, le strade – comprese quelle ad alto scorrimento – sono quasi deserte. Complice non solo il rischio missili ma anche l’impennata del costo della benzina che non scarseggia ma vola alle stelle. Sugli autobus si sale e si scende. Lo fanno quei pochi che ancora possono lavorare in una città in ginocchio; e i molti che si muovono per trovare qualcosa da mangiare. Ecco perché le autorità pubbliche hanno appena annunciato un progetto: costruire accanto alle pensiline più frequentate dei mini-bunker dove i passeggeri possano proteggersi in caso di attacchi. Piccole “casette” grigie, a prova di razzi, di matrice israeliana.

«È un’iniziativa interessante anche se ormai noi non facciamo più caso agli allarmi», commenta la signora Maryna, volto segnato dalle rughe e due sacchetti bianchi in mano, mentre attende il suo “torpedone” per il centro. «Se continuassimo a stare dietro alle sirene che suonano anche dieci volte al giorno, ne usciremmo pazzi. Andiamo avanti. Viviamo così... E resistiamo perché il nemico non ci conquisterà mai», aggiunge l’anziana dona con tono deciso.

Un rendering del progetto pensato dalle autorità di Kharkiv per rendere sicure le fermate degli autobus

Un rendering del progetto pensato dalle autorità di Kharkiv per rendere sicure le fermate degli autobus - Archivio

È una città che spera ancora Kharkiv. Che spera di non finire nelle mani dei russi nonostante le bombe. Ieri, poco prima dell’alba, il distretto industriale è stato distrutto da due missili. Non ci sono vittime. Ma i feriti sono sei. Ed è una città in cui la rabbia sale. Verso gli invasori. «Non ci permettono neppure di far tornare in classe i nostri ragazzi», urla Bohdan commentando l’ultima decisione del sindaco Ihor Terekhov. «La situazione militare non ci consente di riaprire le scuole – ha detto il primo cittadino –. Stiamo effettuando una serie di lavori nei seminterrati per creare rifugi all’interno dei plessi, a partire dagli asili nido. Ma sfortunatamente il 1° settembre non potranno riprendere le lezioni». E si prova anche a mettere a punto le evacuazione degli studenti. «Però al momento – spiegano dal municipio – è impossibile trasferire gli alunni di un’intera scuola all’interno dei bunker nel breve lasso di tempo che un razzo impiega per arrivare qui da Belgorod». Ossia, dalla città russa al confine con l’Ucraina che da Kharkiv è a meno di ottanta chilometri. «Servono in media cinque minuti per liberare le aule, mentre un missile raggiunge l’obiettivo in trenta o quaranta secondi». E le scuole sono fra i target preferiti dal Cremlino. Nell’ultima settimana ne sono state distrutte dieci. Tutte vuote adesso. Ma ridotte a ruderi: con tetti sventrati, mura accartocciate, banchi andati a fuoco. A impersonare la tenacia di Kharkiv è un uomo di 75 anni, Ivan Vasilyevich, che abita a Pyatikhatki e che con le sue parole si è trasformato in un’icona per la città. «Sono russo, ma soprattutto ucraino. Se fossi più giovane, andrei a combattere per l’Ucraina. Il Paese d’origine della mia famiglia è impazzito: come dimostrano le parole assurde di mio fratello e di mia sorella che vivono a Belgorod».

Se le autorità locali parlano di avanzata dei soldati ucraini lungo la linea dei combattimenti, dalla città di Kherson occupata dai russi arriva la notizia che l’esercito di Kiev ha colpito il ponte Antonovsky, strategico per le truppe di Mosca. «Ce la faremo», ribadisce Bohdan mentre prosegue la caccia al cibo per la sua famiglia.

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