giovedì 1 settembre 2022
La denuncia dei ribelli. Ma Addis Abeba tace. La regione continua ad essere isolata e gli aiuti umanitari sono bloccati
Un bambino ferito durante i bombardamenti e ricoverato all'ospedale di Macallè, nel Tigrai

Un bambino ferito durante i bombardamenti e ricoverato all'ospedale di Macallè, nel Tigrai - Ansa/Afp

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Continua senza sosta la serie di bombardamenti sulla regione del Tigrai da parte dell’esercito etiope. Dopo circa quattro mesi di tregua, settimana scorsa sono ricominciate le violenze che stanno mietendo vittime soprattutto tra i civili secondo i ribelli del Fronte per la liberazione del popolo del Tigrai (Tplf). L’ultimo attacco ha colpito un ospedale di Macallè, capitale della regione. «Un raid di droni nella notte tra martedì e mercoledì ha preso di mira il principale ospedale della città – ha detto ieri Getachew Reda, portavoce del Tplf –. Nessun obiettivo militare è stato colpito dopo che l’esercito ha sganciato almeno tre bombe».

Kibrom Gebreselassie, direttore medico dell’ospedale generale Ayder, ha confermato la notizia. «Il drone ha bombardato un’area vicina alla nostra struttura intorno alla mezzanotte – ha spiegato Gebreselassie –. Abbiamo ricevuto diverse vittime poco dopo».

Le autorità nella capitale etiope, Addis Abeba, non hanno rilasciato dichiarazioni e rimane molto difficile verificare ogni informazione a causa del divieto per giornalisti e operatori umanitari di raggiungere il nord dell’Etiopia. La regione del Tigrai è inoltre isolata da quando sono state tagliate la comunicazione telefonica e la rete di Internet. «Da oltre un anno nel Tigrai non ci sono elettricità, servizi bancari e modi per comunicare – affermano gli analisti –. Anche gli aiuti umanitari sono stati bloccati in diversi punti del Paese per volere del premier etiope, Abyi Ahmed».

La mancanza di benzina non permette alle organizzazioni umanitarie di fornire cibo e medicine agli sfollati e ai pazienti in ospedale. Il Tplf è stato comunque accusato di aver più volte dirottato gli aiuti a suo favore e di aver spedito «onde umane» di civili nelle zone più a rischio per evitare che venissero bombardate. I ribelli hanno invece riferito che stanno reagendo ai bombardamenti con delle offensive militari e sembrano aver raggiunto la regione limitrofe dell’Amhara dove da giorni sono scoppiati vari focolai di conflitto tra l’esercito regolare e altri gruppi armati.

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