giovedì 4 novembre 2010
La denuncia dell'associazione Italians for Darfur: «Condanna basata su prove ingiuste e non attendibili». I 4 adolescenti, insieme con 6 adulti sono stati condannati per la loro presunta implicazione in un attacco a un convoglio militare sudanese nel maggio 2010. Pressing sulla Farnesina perché intervenga.
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Il 21 ottobre il Tribunale Speciale istituito in Darfur ha condannato a morte dieci persone, tra cui quattro bambini. È quanto denuncia, in una nota, Italians for Darfur sottolineando che si è trattato di una condanna basata su "prove ingiuste e non attendibili": i quattro adolescenti -  detenuti nello stesso luogo, trattati e giudicati come gli adulti - e le altre 6 persone sono state condannate a morte per la loro presunta implicazione in un attacco a un convoglio militare sudanese nel Sud Darfur avvenuto nel maggio 2010, spiega l'associazione. "Gli imputati di questo processo sono stati indicati come appartenenti al Movimento di Giustizia ed Uguaglianza, ma non è stata acquisita alcuna prova certa che abbiano partecipato all'attacco", aggiunge Italians for Darfur che si è mobilitata promuovendo una petizione che ha già raccolto oltre 16mila firme."Gli avvocati della difesa - afferma il presidente di Italians for Darfur, Antonella Napoli - e organizzazioni per i diritti umani locali hanno denunciato  che le prove presentate dall'accusa erano parziali e che è stato negato ai detenuti il diritto a un giusto processo. Ed è stato impedito agli avvocati di parlare con i rispettivi assistiti prima che fosse depositata la prova della loro colpevolezza: sia i difensori, sia le famiglie hanno potuto incontrare i prigionieri solo per mezz'ora"."Il Ministro degli Affari Esteri intervenga per chiedere al governo sudanese di non giustiziare quattro bambini condannati a morte". Lo chiedono in un'interrogazione parlamentare bipartisan il presidente della Commissione Diritti Umani, il senatore Pietro Marcenaro, e i senatori Giorgio Tonini, Mauro Del Vecchio, Roberto Della Seta, Barbara Contini, Salvo Fleres e Lorenzo Bodega.
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