giovedì 21 dicembre 2023
Il neopresidente ha annunciato in tv l'abrogazione di numerose norme che regolavano l'economia. Verso la privatizzazione di tutte le aziende pubbliche
La protesta contro i tagli annunciati dal neopresidente argentino, l'ultraliberista Milei, davanti al Parlamento di Buenos Aires

La protesta contro i tagli annunciati dal neopresidente argentino, l'ultraliberista Milei, davanti al Parlamento di Buenos Aires - Reuters

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Sono tornate a sbattere le padelle in Argentina, nella prima protesta contro il neopresidente Javier Milei insediatosi da appena dieci giorni. «Fare dell'Argentina una potenza mondiale» è l'obiettivo della deregulation avviata con il maxi decreto che il presidente ha presentato l'altra sera in diretta tv, annunciando l'abrogazione di numerose leggi e regolamenti che regolamentavano l'economia e la privatizzazione di aziende pubbliche. «La Patria non è in vendita» ha replicato la folla uscita in strada e sui balconi percuotendo pentole e clacson a Buenos Aires e in altre città. «Questa è una dittatura militare» ha accusato il leader della principale organizzazione della protesta, Polo Obrero, Eduardo Bellibini.

La mobilitazione è cominciata subito dopo il discorso in cui l'ultraliberale Milei - che solo un mese fa ha conquistato la presidenza sconfiggendo al ballottaggio il ministro dell'Economia uscente del governo peronista, Sergio Massa - ha presentato i contenuti del Decreto di necessità urgente (Dnu) che nelle prossime settimane sarà discusso nelle sessioni straordinarie del Congresso nazionale e che mira a trasformare «tutte» le imprese statali in società per azioni per la loro «successiva privatizzazione». «Abbiamo ricevuto la peggiore eredità della storia», ha detto il capo dello Stato illustrando la situazione delle finanze pubbliche: «Il deficit consolidato del 15% del Pil, il più alto carico di pressione fiscale al mondo, la mancanza di riserve nella Banca Centrale, la fiducia creditizia distrutta, l'emissione monetaria sfrenata e la crisi inflazionistica annuale del 15.000%».

Il presidente Javier Milei (al centro) annuncia alla nazione il piano economico da una sala della Casa Rosada

Il presidente Javier Milei (al centro) annuncia alla nazione il piano economico da una sala della Casa Rosada - Ansa / fermo immagine da video della Presidenza argentina

Affinché l'Argentina torni a essere quella «potenza economica mondiale» che era all'inizio del Novecento, Milei le prescrive una terapia anarco-capitalista: «Smantellare l'enorme quantità di norme che hanno impedito, ostacolato e fermato la crescita economica», dalla legge sugli affitti a quella sull'approvvigionamento (che sanziona le aziende in caso di carenza di determinati prodotti) a quella che obbliga i supermercati a rifornirsi almeno in parte dalle piccole aziende. Prevista anche la cessione totale o parziale della compagnia Aerolíneas Argentinas.

Ieri sera (il discorso di Milei è andato in onda alle 21 locali), migliaia di persone sono scese in piazza invocando lo «sciopero generale» e sventolando la bandiera nazionale. A ventidue anni esatti dalle rivolte sociali che, il 20 dicembre 2001, costarono la presidenza a Fernando de la Rua e provocarono 39 morti.

Le manifestazioni sono state pacifiche. A Buenos Aires gli unici momenti di tensione si sono verificati all'inizio del corteo, quando diversi agenti hanno caricato i manifestanti. Dopo la lettura di un manifesto dal titolo «Abbasso il "piano motosega" di Milei (in campagna elettorale si presentava con una motosega, ndr) e del Fondo monetario internazionale», in cui gli organizzatori chiedevano alle centrali sindacali di unirsi alle future mobilitazioni e accusavano la ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich di «criminalizzare la protesta sociale», i manifestanti si sono ritirati dalla storica Plaza de Mayo, emblema della protesta delle madri dei desaparecidos della dittatura.

Manifestanti davanti alla sede del Parlamento a Buenos Aires

Manifestanti davanti alla sede del Parlamento a Buenos Aires - Ansa

Un forte dispiegamento della polizia ha obbligato le tre colonne di manifestanti a rispettare il nuovo protocollo anti-proteste voluto da Milei che ordina di mantenere il transito libero. Lo stesso presidente ha supervisionato l'operazione dal Dipartimento di polizia federale, insieme alla ministra della Sicurezza, a quella del Capitale umano, Sandra Pettovello, e a sua sorella, Karina Milei, segretaria generale della presidenza e sua principale consigliera.

«Pericoloso e preoccupante» ha definito il protocollo anti-proteste Estela Carlotto, presidente delle Nonne di Plaza de Mayo e figura iconica della lotta per i diritti umani. «Il popolo argentino è abituato a scendere in strada per reclamare diritti e affermare che se uno protesta perde il diritto a un sussidio o finisce in carcere rappresenta una vera minaccia», ha dichiarato, poiché «in democrazia non è mai stato proibito protestare».

All'indomani della protesta, in un'intervista il presidente Milei ha dichiarato che gli argentini scesi in piazza «soffrono della sindrome di Stoccolma». «Può essere che ci sia gente innamorata di un modello che l'ha impoverita», ha affermato. La discussione parlamentare per l'approvazione del Dnu, ha concluso, «metterà in evidenza di fronte agli argentini chi è contro il progresso». «Il decreto significa guadagnare competitività, è win-win per tutti salvo per la casta».

Milei dal balcone della Casa Rosada: dietro di lui la sorella Karina Milei, segretaria generale della presidenza e sua principale consigliera

Milei dal balcone della Casa Rosada: dietro di lui la sorella Karina Milei, segretaria generale della presidenza e sua principale consigliera - Reuters

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