giovedì 31 luglio 2014
Per Msf l’epidemia nell’Ovest è «senza precedenti». Scuole chiuse in Liberia e quarantene. Paura anche in Nigeria, alzato l’allarme nel Regno Unito. Due milioni per l’emergenza da Bruxelles.
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L’epidemia di ebola che ha investito l’Africa occidentale è «senza precedenti, assolutamente fuori controllo e la situazione può solo peggiorare», con il «rischio reale» che vengano colpiti «altri Paesi». Così il direttore delle operazioni di Medici senza frontiere, Bart Janssens, in un’intervista al quotidiano La Libre Belgique, ha lanciato l’allerta sull’epidemia. Il virus, che si diffonde rapidamente, ha già colpito Sierra Leone, Guinea e Liberia, mentre martedì è stato segnalato il primo caso mortale in Nigeria. Da marzo ad oggi, ci sono stati 1.201 casi registrati e 672 morti, secondo il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie di Atlanta, negli Usa. Il ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, ha detto che il virus rappresenta una minaccia per il Regno Unito. Hammond ieri ha guidato una riunione del comitato d’emergenza Cobra sull’epidemia. Il ministro ha precisato che nessun britannico ha contratto ebola e che non sono stati registrati casi nel Paese ma è necessario mantenere molto alto il livello di guardia soprattutto per i connazionali che viaggiano in Africa. Public Health England, l’autorità sanitaria inglese, ha allertato gli addetti alle dogane e lo staff degli aeroporti: va prestata la massima attenzione ai sintomi dei passeggeri che potrebbero rivelare l’insorgere della malattia.  Più cauta è invece la Commissione Europea. «Il rischio che il virus ebola si diffonda in Europa è al momento basso perché la maggior parte dei casi è in aree remote dei Paesi colpiti», si legge in una nota della Commissione europea, che tuttavia sottolinea che l’epidemia di ebola che sta colpendo l’Africa occidentale «è la più grave di sempre». Per rispondere all’epidemia, la Commissione Ue ha stanziato due milioni di euro in più che porteranno a 3,9 milioni l’aiuto totale per combattere la malattia nell’Africa occidentale. E, sebbene i rischi che arrivi in Europa siano «bassissimi», fonti fanno sapere che l’Ue è attrezzata per rispondere all’eventualità che il contagio si estenda. La situazione viene seguita anche dagli Stati Uniti, con il presidente Obama tenuto informato degli sviluppi e le agenzie umanitarie più impegnate che mai sul campo. Per Susan Rice, consigliere per la sicurezza nazionale, l’epidemia è fonte di «grave preoccupazione ». In Liberia, tra i Paesi più colpiti, il governo ha chiuso tutte le scuole e diverse comunità sono in quarantena. A casa per un mese anche tutto il personale governativo non essenziale. In Sierra Leone «il governo ha chiuso i teatri, i cinema, i bar, tutti i luoghi di aggregazione, e ha rimandato a fine agosto gli esami di terza media previsti a luglio. La tensione comincia a sentirsi anche qui a Freetown», ha raccontato Nicola Orsini, da anni impegnato in Sierra Leone per la Ong italiana Avsi. L’epidemia ha raggiunto anche la capitale. Nei supermercati i gestori invitano tutti i clienti a lavarsi le mani con acqua e cloro, l’unica sostanza in grado di uccidere il virus, messa a disposizione agli ingressi. Nelle chiese, durante le Messe, non ci si stringe più la mano: lo scambio di pace è stato sostituito da un inchino con la mano destra sul cuore, e il sacerdote dà l’eucarestia nelle mani e non più in bocca. Due giorni fa si è registrata anche la morte del medico-eroe della lotta al virus, il dottor Sheik Umar Khan, a capo del principale centro contro il virus a Kenema. Khan era stato contagiato la settimana scorsa e ricoverato in una clinica di Medici senza frontiere. Insieme a lui, altre tre infermiere sono state uccise dalla febbre emorragica. Il ministro della Salute, Miatta Kargbo, ha nominato il 39enne Khan «eroe nazionale», celebrando il suo «enorme sacrificio» per salvare le vite degli altri.
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