lunedì 27 dicembre 2021
La startup afghana Aseel è una piattaforma che raccoglie cibo e medicine. Lo staff, tutto under 30, distribuisce i pacchi acquistati dagli ex clienti per far fronte alla crisi creata dai taleban
Donne di Kabul ritirano pacchi di aiuti durante un intervento di Aseel nella capitale

Donne di Kabul ritirano pacchi di aiuti durante un intervento di Aseel nella capitale - Aseel

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I primi giorni sono stati di sgomento e paralisi. Poi è prevalso lo spirito di reazione, e un’idea brillante, coraggiosa, si è fatta avanti. Questa è la storia di una startup afghana chiamata "Aseel" (www.aseel.xyz) che fino a metà agosto, cioè fino alla conquista del potere da parte taleban, gestiva una ben avviata piattaforma di e-commerce. Nel 2018, era stata creata per promuovere in rete i prodotti di circa 400 artigiani che mai, nelle aree rurali in cui lavorano, avrebbero avuto accesso a nuove tecnologie e mercati internazionali. «Quando i taleban sono giunti a Kabul, il nostro staff, tutti ragazzi tra i 20 e i 30 anni, è rimasto sotto choc», racconta al telefono dalla capitale la giovanissima Zahra Karimi, 22 anni, alla guida del team media di "Aseel". È stato allora, in uno scambio di telefonate cariche di ansia, che si è presa una decisione: quella di trasformare la piattaforma digitale per la vendita di tappeti, gioielli e ceramiche in un portale no profit in cui donatori da tutto il mondo potessero acquistare pacchi di alimenti, kit medici, tende, coperte che i volontari di "Aseel" avrebbero direttamente distribuito tra gli sfollati di Kabul.

La distribuzione degli aiuti da parte di uno dei team di Aseel nella provincia di Logar

La distribuzione degli aiuti da parte di uno dei team di Aseel nella provincia di Logar - Aseel

«In passato gli ordini ci giungevano da Usa, Canada, Australia e Gran Bretagna. Ai nostri vecchi clienti abbiamo inviato un’email per spiegare il progetto, così i primi donatori sono stati loro». Fino ad oggi Aseel ha recapitato aiuti a 4.200 famiglie contando su 332 volontari impegnati nella mappatura dei beneficiari e nella distribuzione diretta dei pacchi. Da principio a riceverli sono stati coloro che erano giunti a Kabul in fuga dalle prime province conquistate dai taleban e che erano accampati in aree pubbliche come l’Azadi Park. Ancora oggi nella capitale vivono migliaia di sfollati, malgrado oltre 4mila famiglie siano state rimandate indietro ai loro villaggi, come ha riferito questa settimana il ministero dei Rifugiati. Il team di Aseel ha allargato la distribuzione anche ad altre province, Helmand, Kandahar, Zabul, Logar, facendo rete con Ong locali che bene conoscono il territorio. La gravità della crisi umanitaria impone di fare squadra, il collasso del Paese, e della sua economia, di unire le forze. Quest’inverno, mettono in guardia Fao e Programma Alimentare Mondiale, più della metà della popolazione afghana – una cifra record di 22,8 milioni di persone – dovrà affrontare un’insicurezza alimentare acuta. In un rapporto del primo dicembre, il Programma Onu per lo sviluppo (Undp) prevede che «il reddito annuo pro capite scenderà a 350 dollari nel 2022 (dai 500 nel 2020)» e che l’esclusione delle donne dal lavoro potrebbe comportare una perdita immediata fino a un miliardo di dollari.

«I nostri beneficiari sono persone comuni, c’è chi prima lavorava per il governo ed è ora senza stipendio da mesi, o chi è senza un’occupazione a cui tornare. Poi assistiamo donne vedove o sole, che non possono contare su un capofamiglia maschio, in precedenza le uniche portatrici di reddito e ora senza la possibilità di guadagnare», spiega Zahra Karimi. Lei stessa, come tutto lo staff femminile di Aseel, lavora da casa, non esce più, «perché non è sicuro». Con le colleghe e gli altri ragazzi della start up fa quello che può nell’impresa titanica di dare una mano, pur piccola ma vitale, al proprio popolo.

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