giovedì 29 febbraio 2024
Domani alle urne. Dal carcere la Nobel per la Pace chiede di astenersi. Il fronte riformista, pesantemente sconfitto nel 2020, è spaccato sul boicottaggio. Il 65% dei giovani dice che non voterà
Le elezioni generali di domani non riscuotono grande interesse in Iran e in particolare a Teheran

Le elezioni generali di domani non riscuotono grande interesse in Iran e in particolare a Teheran - Reuters

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Un clima di apatia domina in Iran alla vigilia della doppia consultazione di domani. Oltre al rinnovo del Majlis, il Parlamento, gli elettori sono chiamati a rinnovare anche l'Assemblea degli Esperti incaricata di eleggere la Guida suprema o, in caso di necessità, di procedere al suo impeachment. Si tratta delle prime elezioni a livello nazionale dalle manifestazioni di piazza innescate nel settembre 2022 dalla morte violenta della ventiduenne Mahsa Amini e andate avanti per diversi mesi nonostante la dura repressione.

Le autorità iraniane insistono sul dovere di recarsi in massa alle urne per legittimare il loro potere. La Guida suprema, Ali Khamenei, ha detto che votare «serve gli interessi nazionali e non gli interessi dei partiti politici». «Se la partecipazione è debole – ha aggiunto Khamenei durante un incontro con un gruppo di giovani che votano per la prima volta – non ci saranno benefici per nessuno e ci sarà invece un danno per tutti».

I giovani che potranno votare per la prima volta quest'anno sono circa 3,5 milioni di persone. Il tradizionale vaglio delle candidature effettuato dal Consiglio dei Guardiani è di per sé una forma sottile di repressione volta a eliminare i candidati indesiderati. Degli iniziali 48mila aspiranti che si sono registrati per ottenere uno dei 290 seggi del Majlis, solo 15.200 hanno superato il vaglio dei giuristi e la loro conformità ai «valori e principi» del regime. Si tratta comunque di un record – più del doppio – rispetto ai candidati ammessi alle precedenti elezioni del 2020. Più che raddoppiate anche la donne nelle liste: 1.713 contro le 819 del 2020. Non deve essere facile, per il semplice elettore, destreggiarsi tra 52 candidati in media per ogni seggio. Come a ogni consultazione, l'incognita riguarda il tasso di affluenza ai seggi. La partecipazione registrata quattro anni fa è stata di poco superiore al 42 per cento, la quota più bassa dalla nascita della Repubblica islamica nel 1979.

I 61 milioni di aventi diritto saranno domani posti davanti a due atteggiamenti contrapposti: il primo, l'astensione dal voto a causa di un diffuso clima di disillusione seguito al progressivo affievolirsi del movimento “Donna, Vita, Libertà”; il secondo, la partecipazione alla consultazione come modo di serrare i ranghi interni al fine di scongiurare un'aggressione militare straniera. I sondaggi – che sono sempre stati poco precisi riguardo un Paese complesso come l'Iran – prevedono una bassa affluenza, per quanto gli esiti appaiano abbastanza scontati. L'Istituto Gamaan, con sede nei Paesi Bassi, ha condotto all'inizio di febbraio un sondaggio su Internet coinvolgendo oltre 58mila iraniani. Molti, sottolinea il sito dell'opposizione Iran International, hanno dovuto utilizzare strumenti di elusione della censura per accedere alla rete. Dal sondaggio risulta che il 39 per cento di chi ha partecipato quattro anni fa alle elezioni non intende farlo quest’anno, e che tra i più giovani che si recheranno per la prima volta alle urne, il 65 per cento non intende votare. Di sicuro, il tasso di affluenza nella mega circoscrizione di Teheran – cui sono riservati 30 seggi – sarà di molto inferiore a quello nelle altre città e nei piccoli centri in cui entrano in gioco le rivalità etniche e claniche locali.

Il fronte riformista – uscito pesantemente sconfitto alle precedenti elezioni con soli 20 seggi su 290 – è spaccato tra partecipazione e boicottaggio. L'ex presidente Mohammad Khatami ha chiesto ai suoi simpatizzanti di non mancare l'appuntamento elettorale. Così hanno fatto anche un centinaio di personalità moderate. Altri riformisti hanno invece sollecitato i loro sostenitori a disertare le urne. Dal carcere di Evin in cui è detenuto, l'attivista moderatore Mostafa Tajzadeh ha dichiarato in un messaggio che gli errori strategici della leadership iraniana «rendono le elezioni prive di significato e le istituzioni elette, soprattutto il Parlamento, inefficaci». Di questo parere anche la vincitrice del Premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, anch'essa in carcere. L'attivista ha affermato che «sanzionare le elezioni sotto un regime religioso dispotico non è solo una mossa politica, ma anche un obbligo morale per gli iraniani amanti della libertà e in cerca di giustizia».

Chi sono i tre leader

Mohammad Bagher Ghalibaf. Attuale presidente del Majlis, per due volte candidato perdente alle presidenziali (nel 2005 poi nel 2013) e sindaco di Teheran dal 2005 al 2017. Il 62 enne capeggia una lista comune a Teheran insieme a Morteza Aghatehrani, esponente del Fronte della stabilità, con l'obiettivo di riconfermare il controllo dei conservatori sulla capitale.

Ali Motahari. L'avvocato 66enne, ex deputato, è ora capolista di “Voce della nazione” che comprende riformisti, moderati e indipendenti. Secondo alcuni, la lista sarebbe vicina alla corrente politica del cognato Ali Larijani, ex presidente del Parlamento considerato un conservatore moderato. Figura controversa, Motahari era stato squalificato nel 2020.

Iraj Maleki. La sua candidatura ha suscitato molta sorpresa. Maleki fa il comico sui social media con dei cortometraggi in cui affronta i «danni sociali». Ma c'è anche chi l'ha difeso, come il giornalista Ehsan Bodaghi. «Maleki – ha detto – è tanto qualificato quanto i suoi concorrenti». Correrà nella provincia occidentale di Kermanshah.

Come si elegge il successore della Guida Suprema

Occhi puntati alle elezioni dell'Assemblea degli Esperti che si tengono ogni otto anni. L’organo è interamente composto da membri del clero sciita ed è incaricato di nominare la Guida suprema nel caso questa non emerga per via carismatica, e di destituirla nel caso essa sia inabile ai doveri costituzionali o non risponda più ai requisiti richiesti. La questione della successione è quasi un tabù in Iran. La carica è occupata dal 1989 dall'ayatollah Ali Khamenei, che compie 85 anni ad aprile e non gode certo di buona salute. Su un totale di 510 aspiranti candidati agli 88 seggi, il Consiglio dei Guardiani ha approvato solo 144, rendendo la vittoria sicura per un quarto dei candidati, in assenza di rivali. Del totale degli ammessi alla corsa, 105 sono considerati vicini ai conservatori, mentre gli altri 39 sono “indipendenti”.

L'Associazione del clero militante e quella degli Insegnanti del seminario sciita di Qom, che dominano l'Assemblea da anni, hanno presentano qua e là candidati comuni per ridurre al massimo la competizione tra di loro. A Teheran, cui sono riservati 16 seggi, il risultato è scontato per undici candidati comuni e la gara sarà limitata agli ultimi cinque seggi in cui i candidati presentati separatamente dalle due “associazioni” dovranno sfidare quelli indipendenti.

La Guida Suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei

La Guida Suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei - Ansa

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