Le dimissioni di Yermak, la crisi politica a Kiev: l'Ucraina adesso trema

Il braccio destro di Zelensky travolto dallo scandalo della corruzione, proprio mentre Washington e Mosca preparano nuove mosse diplomatiche. Il Paese è sotto choc e il presidente non è mai stato così debole
November 29, 2025
Zelensky insieme a Yermak
Zelensky insieme a Yermak
Il sisma politico che scuote l’Ucraina arriva fin dentro le stanze più protette del potere. Andriy Yermak, capo dello staff presidenziale e per anni uno dei più stretti collaboratori di Volodymyr Zelensky, si è dimesso dopo che le agenzie anticorruzione hanno perquisito la sua abitazione nell’ambito di un’indagine che, nata nel settore energetico, sta ormai lambendo il cuore dell’esecutivo. La notizia è stata confermata dallo stesso Zelensky nel suo messaggio televisivo quotidiano. Il presidente ha parlato di un necessario “reset” dell’Ufficio del presidente per preservare l’unità del Paese in un momento in cui «la Russia vuole che l’Ucraina commetta errori» e spera in una frattura tra i vertici istituzionali. «Non ci saranno errori da parte nostra», ha assicurato Zelensky, annunciando la lettera di dimissioni del suo braccio destro. Yermak, 54 anni, ha inizialmente evitato dichiarazioni pubbliche. Nel corso della giornata, via Telegram, ha confermato la perquisizione e assicurato «piena collaborazione» con gli investigatori. L'operazione non è stata accompagnata da motivazioni ufficiali, ma arriva a breve distanza dall’apertura di una vasta inchiesta sulla corruzione nelle infrastrutture energetiche, che ha già causato l’uscita di scena di due ministri – Svetlana Grinchuk e German Galushenko – e coinvolto un imprenditore vicino alla presidenza, Timur Mindich.

Un colpo alla diplomazia ucraina

L’impatto politico è enorme. Yermak non era soltanto il capo dello staff: era considerato l’architetto delle relazioni con Washington e il principale negoziatore ucraino nei colloqui riservati con gli Stati Uniti. Solo una settimana fa aveva guidato la delegazione di Kiev al vertice di Ginevra con il segretario di Stato americano Marco Rubio. Nel weekend sarebbe dovuto volare a Miami per incontrare Steve Witkoff, inviato speciale di Donald Trump, e Jared Kushner, emissari incaricati di definire gli ultimi aggiustamenti al piano negoziale sull’Ucraina. La sua improvvisa uscita di scena rischia così di indebolire la posizione di Kiev proprio mentre Washington aumenta la pressione per ottenere il via libera al progetto elaborato dal team di Trump – una bozza che Zelensky e i partner occidentali giudicano ancora troppo favorevole alla Russia. Nei prossimi giorni anche il Cremlino entrerà in partita: a Mosca è attesa una delegazione americana e sarà probabilmente Witkoff a presentare la proposta che dovrebbe fare da base alle futuri trattative.
Ex produttore cinematografico e avvocato specializzato in copyright, Yermak ha accompagnato Zelensky fin dagli anni della televisione, diventando progressivamente l’uomo più influente del Paese dopo il presidente. Molti lo consideravano un vero e proprio “vicepresidente”. Il suo potere, però, era oggetto di aspre critiche: diversi funzionari hanno descritto un capo di gabinetto «paranoico», capace di controllare l’accesso al presidente e di influire su «quasi ogni decisione». Un esponente del partito Servitore del Popolo aveva parlato addirittura di una sorta di «ipnosi» esercitata su Zelensky. Malgrado la fedeltà dimostrata durante la guerra – i due sono stati ritratti insieme in quasi tutte le fasi cruciali del conflitto – Yermak rimaneva impopolare: secondo un sondaggio del Centro Razumkov del marzo 2025, due terzi della popolazione non nutrivano alcuna fiducia in lui.

Il giudizio dell’Europa e le frizioni interne

La Commissione Europea ha espresso sostegno al lavoro delle agenzie anticorruzione ucraine. La portavoce Paula Pinho ha dichiarato: «Nutriamo grande rispetto per le indagini che dimostrano che gli organismi anticorruzione in Ucraina stanno facendo il loro lavoro». Un messaggio non banale, considerando che solo pochi mesi fa Zelensky aveva tentato – senza successo – di limitarne l’indipendenza, provocando rare proteste in tempo di guerra. L’uscita di Yermak apre un vuoto proprio mentre l’Ucraina sta per affrontare una delle fasi più sensibili del negoziato internazionale. Zelensky dovrà ora scegliere un nuovo capo dello staff capace di dialogare rapidamente con Washington e di tenere unita una squadra di governo messa alla prova da un’inchiesta che continua ad allargarsi. La sensazione, a Kiev, è che questo non sia un incidente isolato, ma un passaggio destinato a pesare sull’intero equilibrio istituzionale: un terremoto politico in piena guerra, con la diplomazia in bilico e la Russia pronta a sfruttare ogni crepa. Zelensky, per ora, mostra sicurezza. Ma la partita, come sempre da due anni a questa parte, si gioca su un crinale strettissimo.

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