Congo, scene da un esodo. «Altro che pace, si fugge in Burundi»

Il racconto dei missionari saveriani: le milizie sostenute dal Ruanda stanno terrorizzando la popolazione, anche se non è facile capire i reali rapporti di forza sul campo. I colloqui per la tregua hanno moltiplicato il caos, mentre le ultime bombe hanno creato il panico: adesso migliaia di famiglie scappano
December 11, 2025
Congo, scene da un esodo. «Altro che pace, si fugge in Burundi»
Migliaia di civili in fuga dal Congo / Reuters
L’Est del Congo, tutt’altro che pacificato, vive in queste ore un esodo forzato di massa, con migliaia di civili in fuga verso il Burundi. Il gruppo armato M23 è entrato ieri nella città di Uvira, sulle rive del lago Tanganika, a pochi chilometri dal confine burundese, occupandola. I ribelli filo-ruandesi la chiamano la «liberazione della città superstite». Il governo di Kinshasa, le milizie sue alleate, e le migliaia di famiglie senza più casa parlano di «occupazione». L’ennesima. Un nuovo fronte aperto proprio nel bel mezzo dei colloqui di pace mediati da Stati Uniti e Qatar, falliti ancor prima di iniziare.
«Capire i rapporti di forza, le alleanze e le finte promesse, non è facile in Repubblica Democratica del Congo, una cosa però è certa: la gente di Uvira è terrorizzata, lascia tutto, scappa verso il Burundi. Circolano molte armi e droni, si uccide con facilità, c’è banditismo ovunque. Un caos senza giustizia», conferma padre Loris Cattani, missionario saveriano a Parma. «Le ultime bombe hanno creato il panico: vediamo la fiumana di gente che aumenta sempre di più», raccontano testimoni oculari. «Il metodo dell’M23 è bombardare», spiega ancora meglio un’altra fonte nel Sud Kivu. All’altezza della cattedrale di Saint Paul è un carnaio: «balles sur balles», pallottole una dopo l’altra. Tante. Questi i racconti. «I miliziani sono arrivati ieri e hanno iniziato a bombardare sulle montagne, da quel momento in poi già 20-30mila persone sono fuggite in Burundi. Sentiamo le bombe cadere, sembrano tuoni». Una missionaria, agli estremi opposti della città era addirittura fra tre fuochi: i burundesi, i fuggitivi dell’esercito congolese e l’M23 che avanza per occupare Uvira. I ribelli alle 14 di ieri avevano già preso possesso della zona di frontiera.
Padre Loris cerca di analizzare da remoto le cause del fallimento: «L’aver sdoppiato i colloqui di pace, tra Washington e Doha (i primi fra Congo e Ruanda, i secondi fra Congo e M23, ndr), ha reso la milizia M23 impunita – dice –. I ribelli si sentono svincolati e liberi di procedere. Hanno negoziato solo due protocolli: il cessate il fuoco, subito violato, e la liberazione degli ostaggi». Ma non il ritiro delle forze in campo.
Intere famiglie con le loro poche cose, bambini e donne sole; ragazzi e anziani, in un esodo di massa disperato, corrono per varcare la frontiera prima che chiuda, per non restare intrappolati sotto assedio. Molti di loro sono stati colpiti dalle bombe. L’esercito congolese e quello del Burundi battono in ritirata. «Uvira collegava praticamente Ruanda, Burundi e Sud Kivu – dice un missionario –. Dipende da Bujumbura per l’economia e il commercio, ora i collegamenti con il resto del Paese sono precari. Da Bukavu a Goma c’è il battello, mentre da Bukavu a Uvira c’è la strada, ma è impraticabile».
Tra Paul Kagame, presidente del Ruanda, e il suo omologo congolese, Felix Tshisekedi, volano accuse reciproche. Secondo il Ruanda, che sostiene apertamente l’M23, l’occupazione era «necessaria» per mettere fine ai bombardamenti di Congo e Burundi. Ma chi vive nella zona da anni smentisce assolutamente questa versione: «Non appena firmati gli accordi di pace il 4 dicembre scorso (a Washington, ndr), sono iniziate le ostilità, con fitti bombardamenti delle milizie sui villaggi, sui civili in fuga, anche tramite droni, a partire dall’estremo nord della piana della Ruzizi, ossia a 60/70 chilometri da Uvira».
L’arrivo dell’M23 era dunque una cronaca annunciata: nei giorni scorsi i miliziani avevano già occupato la cittadina di Kamanyola, a 15 chilometri dalla missione di Luvunghi, non lontano da Uvira. Da mezzogiorno di ieri in poi, la sfilata di camion pieni di militari burundesi, alleati del governo, e una fila infinita di gente diretta verso la frontiera. Adesso sarà il Burundi a farsi carico di migliaia di rifugiati: questa nuova fase bellica apre scenari ancora più cupi per i civili, con i fondi delle agenzie umanitarie in calo. Un carico pesante per la regione dei Grandi Laghi ricchissima e senza pace.

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