mercoledì 14 novembre 2018
Dopo il vertice durato 5 ore: non è stata una decisione "leggera", ma difendendo il testo come il migliore possibile "nell'interesse nazionale"
La Brexit di May convince il governo, sì all'intesa
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È una vittoria fragile e amara quella incassata ieri da Theresa May. Dopo quasi cinque ore di discussione, il Consiglio dei ministri, riunito in sessione d’urgenza, ha approvato il testo dell’accordo «tecnico» negoziato con Bruxelles per la definitiva uscita della Gran Bretagna dall’Ue. La crisi di Governo – data come probabile fino all’ultimo momento, considerato lo scetticismo più volte dimostrato da alcuni suoi ministri – è stata dunque per il momento scongiurata.

L’attenzione adesso si sposta in Parlamento. Ed è qui che la premier dovrà combattere la sua battaglia più ardua. A Westminster, dove è attesa già oggi per ufficializzare l’intesa raggiunta, May deve riuscire a recuperare voti e consenso per far quadrare conti che, al momento, non tornano. Difficile ricostruire i retroscena della riunione-fiume che si è tenuta a porte chiuse tra Theresa May e i suoi ministri a Downing Street, ma sembra che a trascinare la squadra verso l’approvazione siano stati, più che altro, l’assenza di un’alternativa plausibile e lo spauracchio di un catastrofico “no deal”. L’annuncio dell’accordo, martedì sera, è bastato da solo a far risalire le quotazioni della sterlina a livelli per mesi neppure sfiorati: i mercati e una parte del mondo politico, considerano il “divorzio consensuale” come l’opzione meno pericolosa. La dichiarazione ufficiale rilasciata al termine del Consiglio lascia appena trapelare la fatica del lavoro compiuto. Il via libera, ha detto May, è arrivato dopo un «lungo e appassionato dibattito». Il testo, ha aggiunto, «è quanto di meglio abbiamo potuto negoziare», e, comunque, la decisione finale «non è stata presa con leggerezza».

È evidente che, nonostante il voto favorevole del governo, i malumori nell’esecutivo e nel partito sono tutt’altro che sopiti. I ministri che avrebbero votato contro il testo sarebbero almeno nove. Secondo la Bbc, tra l’altro, alcuni deputati conservatori, quelli appartenenti all’ala più estrema dei Brexeeters, hanno già inoltrato al comitato 1922, l’organismo Tory chiamato a indire nuove elezioni per la leadership, formale richiesta per sfiduciare la premier. Se il numero di sottoscrizioni raggiungerà il minimo richiesto, la mozione potrebbe essere formalizzata già oggi. Tornando all’intesa, il documento di 500 pagine al centro dell’attenzione di tutti i governi europei è stato pubblicato dall’Ue appena dopo l’ufficializzazione del via libera da Londra.

Nel dettaglio, l’accordo poggia su tre opzioni cardine: la tutela “incrociata” dei cittadini dei due blocchi (Europa e Gran Bretagna), un’unione doganale per la Gran Bretagna, detta “Wide Custom Union”, e una sorta di mercato unico per l’Irlanda del Nord fino a quando non sarà trovata una soluzione a lungo termine. Il cosiddetto “backstop”, il meccanismo di garanzia dello status quo (preteso dall’Ue e contrastato da Londra) che ha tenuto in scacco la trattativa per mesi, è nei fatti stato “camuffato” nelle maglie del testo per renderlo meno evidente agli occhi dei sostenitori dell’hard Brexit.

Non a caso, una rappresentanza dei Brexiteer più estremi è accorsa a Downing Street per una protesta organizzata proprio mentre il Consiglio dei ministri siglava il testo. Molto preoccupanti sono le obiezioni arrivate a Londra dall’Irlanda e dalla Scozia. Gli unionisti nordirlandesi del Dup, alleato vitale a Westminster del governo Tory, hanno lanciato un ultimatum. Se la premier «non manterrà l’impegno» di garantire che non vi sarà alcuna differenza di status fra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito nei rapporti con l’Ue, ha dichiarato Arlene Foster, leader del Dup, «gli unionisti si chiameranno fuori».
Pesanti le dichiarazioni anche della leader scozzese Nicola Sturgeon, secondo cui il progetto di accordo sulla Brexit riconosce un «ingiusto vantaggio all’Irlanda del Nord, che rimarrebbe effettivamente nel mercato unico», con effetti «devastanti per gli investimenti e l’occupazione in Scozia».

Non potendo contare sull’appoggio del Dup, oltre che di almeno 60 deputati conservatori, May sarà costretta a cercare consensi tra i laburisti “responsabili”. Se il testo appena approvato viene portato al Consiglio straordinario Ue del prossimo 25 novembre, la discussione e il voto a Westminster dovrebbe cominciare il primo dicembre. May ha appena due settimane di tempo per riuscire nella insperata impresa di restare ancora in sella.

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