venerdì 26 gennaio 2018
I magistrati della Corte Europea dei diritti dell'uomo hanno respinto il ricorso dei genitori della 14enne in stato vegetativo. I medici ora hanno di nuovo la facoltà di «staccare la spina»
La Corte europea dei diritti umani (Cedu)

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I giudici, «all’unanimità», considerano che la richiesta d’interrompere la procedura collegiale ospedaliera di fine vita non può essere accolta, sottolineando che «questa decisione è definitiva». È il verdetto con cui la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha frantumato ieri le speranze dei genitori di Inès, la studentessa francese quattordicenne in coma profondo dallo scorso 22 giugno, quando fu ritrovata esanime in casa, dopo un arresto cardiaco, prima di un drammatico ricovero presso l’Ospedale universitario di Nancy (Lorena), dove la ragazza non ha mostrato in seguito segni di recupero.

Alla studentessa, già affetta da una malattia neuromuscolare, una miastenia autoimmune, sono state diagnosticate numerose lesioni cerebrali gravi. I medici del reparto avevano per questo deciso di ricorrere alla procedura collegiale di fine vita, prevista dalla legge francese, sfociata già il 21 luglio nell’autorizzazione a disattivare l’assistenza respiratoria. Da allora i genitori hanno cercato di battersi con ogni ricorso possibile. Ma il 5 gennaio ha dato loro torto il Consiglio di Stato, supremo foro amministrativo transalpino. Da qui il tentativo disperato di papà Mohamed e mamma Djamila di ribaltare quel verdetto appellandosi alla Corte europea, che ha sede a Strasburgo.

Ma il verdetto reso ieri, con tempistica particolarmente ridotta, sembra chiudere ogni spiraglio di tipo giudiziario. Adesso i medici hanno di nuovo la facoltà (non l’obbligo) di staccare le macchine che tengono in vita Inès. Secondo la legge francese, in questi casi definiti di «ostinazione irragionevole» nelle cure (ovvero, di presunto accanimento terapeutico, secondo una definizione che resta molto controversa) anche la più tenace resistenza dei genitori è destinata a dover soccombere. L’ultima parola ora spetta ai medici di Nancy. Il tragico verdetto cade una settimana dopo l’avvio in Francia di un nuovo round degli Stati generali della bioetica, la vasta consultazione civile nazionale che funge da premessa alla periodica revisione obbligatoria della legge quadro sulla bioetica, discussa in Parlamento a partire dal prossimo autunno.

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