giovedì 5 ottobre 2017
Avrebbe dovuto tenersi lunedì. Sempre più alta la tensione dopo il referendum sulla secessione e il discorso di re Felipe. I vescovi si appellano alla pace e al dialogo
Catalogna, la Corte vieta la seduta del Parlamento sull'indipendenza
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La Corte costituzionale spagnola ha sospeso la sessione plenaria del Parlamento catalano prevista per lunedì, ammettendo un appello presentato dal Partito dei socialisti (Psc) di Catalogna. Secondo l'appello, se quella plenaria dichiarasse l'indipendenza si produrrebbero una violazione della Costituzione e un «annichilimento» dei diritti dei deputati. Il governatore catalano, Carlos Puidgemont, ha espresso la volontà di comparire lunedì davanti alla plenaria del Parlamento locale per discutere del risultato e degli effetti del referendum, con la dichiarazione d'indipendenza sul tavolo sfidando così l'allarme arrivato dal re Felipe VI, per il quale la stabilità e l'unità del paese sono in pericolo. Mentre l'Unione Europea ha lanciato ieri per bocca del vicepresidente della Commissione Frans Timmermans un appello al dialogo, diversi ufficiali della polizia catalana - Mossos de Esquadra - e leader civili indipendentisti sono stati messi sotto inchiesta per «sedizione».

Il clima è quello di una profonda crisi politica, la peggiore da decenni in Spagna. Ad avvalorare la sensazione che la resa dei conti sia vicina, è arrivata ieri la notizia che il ministero della Difesa spagnolo ha ordinato l'invio in Catalogna di unità dell'esercito per fornire supporto logistico alla Guardia Civil e alla Polizia nazionale. Diversi convogli sono partiti stamani da Saragozza.

Puigdemont: ora occorre una mediazione

«Il mio governo sarà sempre impegnato a favore della pace. Ora occorre una mediazione» ha detto ieri il presidente catalano Puigdemont in un incontro con la stampa a Barcellona, giudicando «irresponsabile» da parte di Madrid non avere ascoltato le ragioni della Catalogna. «Oggi siamo più vicino al nostro sogno», ha aggiunto.

A giorni la dichiarazione di indipendenza

Il portavoce del governo catalano Jordi Turull ha riferito che le autorità regionali hanno «quasi finito di contare i voti». I risultati verranno sottoposti al parlamento regionale che avrà due giorni «per proclamare l'indipendenza della Catalogna». Questo passaggio potrebbe ulteriormente inasprire la polemica tra Barcellona e Madrid e accrescere le tensioni. Il governo centrale ha il potere di revocare lo status semi-autonomo della Catalogna.

IL PIANO B DEL GOVERNO DI MADRID: REVOCARE LO STATUS DI AUTONOMIA

Il primo ministro Mariano Rajoy deve ancora rispondere pubblicamente al voto di domenica, ma l'intervento del re potrebbe aprire la strada ai prossimi passaggi del premier. «È responsabilità dei legittimi poteri dello stato assicurare l'ordine costituzionale», ha detto martedì Felipe. Il monarca poi ha puntato il dito contro contro i leader catalani che «con la loro condotta irresponsabile potrebbero mettere a rischio la stabilità economica e sociale della Catalogna e di tutta la Spagna».

Martedì centinaia di migliaia di catalani hanno dimostrato in occasione dello sciopero generale per protestare contro le violenze della polizia spagnola nei confronti degli elettori. Sul fronte spagnolo, poi, un giudice ha posto il capo della polizia catalana Josep Luis Trapero sotto inchiesta, assieme ad altri tre, con il sospetto di «reato di sedizione».

Ora si mobilitano i catalani non indipendentisti

Ora si fanno sentire anche i catalani contrari all'indipendenza. Il leader del Partito popolare di Catalogna, Xavier García Albiol, ha invocato una loro mobilitazione a Barcellona domenica prossima, 8 ottobre, «in difesa della democrazia e della libertà».

La Catalogna ha 7,5 milioni di abitanti; il Pil catalano equivale al 20 per cento di quello di tutta la Spagna. Il governatore Puigdemont ha rivendicato che 2,26 milioni di persone hanno preso parte al voto, pari al solo il 42 per cento degli elettori.

I vescovi si appellano al dialogo

«Bisogna trovare una via di uscita pacifica e democratica. Raccomandiamoci al Dio della pace», ha detto il cardinale di Barcellona Omella (VAI AL SITO DELLA DIOCESI). Secondo quanto ha rivelato il governo spagnolo, il cardinale Omella e l'arcivescovo di Madrid, il cardinale Carlos Osoro, hanno accettato l'invito di Rajoy e l'hanno incontrato martedì pomeriggio. Ieri, invece - secondo fonti vicine al governo catalano, la Generalitat ha chiesto all'arcivescovado barcellonese e alla storia Abbazia di Monserrat di mediare nella crisi.

Fonti ecclesiastiche hanno confermato un colloquio del cardinale Omella con il vicepresidente della Generalitat, Oriol Junqueras. La Chiesa non si stanca di chiedere alle parti di trovare un canale di dialogo. Alla vigilia del referendum, la Conferenza episcopale spagnola aveva rivolto un forte invito alla trattativa. Posizione che, secondo alcuni esperti, avrebbe causato qualche mal di pancia nell'esecutivo centrale, fautore della linea dura. Di fronte al precipitare della situazione, la Chiesa - interlocutore credibile di fronte alle parti - sta moltiplicando gli sforzi per evitare uno scontro frontale.

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