C'è un piano di rilancio per le adozioni internazionali
Alla Biennale dell’accoglienza in corso a Milano l’annuncio della ministra per la Famiglia Eugenia Roccella: dal governo 52 milioni di euro per sostenere chi ha intrapreso percorsi adottivi già a partire dal 2022. Le associazioni: «Una svolta»

Se è della straordinaria bellezza dell’accoglienza dei bambini in famiglia che occorre tornare a parlare, in un tempo in cui chiusura ed egoismo sono diventati paradigmi culturali e politici d’azione, la Biennale che s’è aperta ieri a Milano sui temi dell’affido e dell’adozione ha già fatto centro. Inutile tornare a misurare la sterile contabilità di quanto poco (o quanto meno rispetto al passato) le famiglie italiane decidano oggi di aprire la porta di casa a chi ha bisogno: ai volti e alle storie di chi continua a farlo, nonostante tutto, basta una manciata di minuti per riempire di speranza il già affollato Belvedere di Palazzo Lombardia, dove per l’occasione il Forum della associazioni familiari ha per la prima volta riunito larga parte del mondo e delle reti che ormai da decenni si trovano sulla prima linea dell’impegno, insieme ad operatori sociali, magistrati, amministratori, politici. C’è speranza, sì. Di più, «c’è un legame indissolubile tra natalità e accoglienza, che sono il volto della stessa medaglia come ci ha insegnato papa Francesco – spiega un soddisfatto Adriano Bordignon, presidente del Forum –, e che oggi ci dice come la vera partita di rilancio per la generatività nel nostro Paese si giochi qui ed ora». E c’è speranza se, durante il suo lungo e appassionato intervento in collegamento da Roma, la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella rende ufficiale ciò che circolava da qualche settimana nei corridoi della Commissione adozioni internazionali, ovvero lo stanziamento di nuovi fondi – ben 52 milioni di euro – per sostenere le famiglie impegnate in percorsi di adozione.
È la stessa Roccella a illustrare i nuovi provvedimenti: «C’è un decreto da quasi 13 milioni che sta per essere pubblicato in Gazzetta ufficiale – dice – che prevede un contributo di 2.800 euro per le famiglie con procedure pendenti (avviate tra il 2022 e il 2024); 1000 euro per le famiglie per il percorso formativo preparatorio all’adozione; un sostegno specifico di 3.500 euro per l’adozione di minori con bisogni speciali; un incentivo di 2.500 euro per le famiglie che abbiano conferito un incarico a un ente autorizzato nel biennio 2025-2026». Ancora: c’è un secondo decreto in corso di finalizzazione «che stanzia – continua la ministra – quasi 18 milioni di euro per gli anni 2026-2027 e aumenta da 12.500 a 20.000 euro il tetto del rimborso per le adozioni di minori con bisogni speciali, consentendo un sostegno più ampio in relazione ai maggiori oneri che tali adozioni comportano nel periodo post-adozione per l’inserimento di tali bambini nei nuovi contesti socio-culturali di accoglienza». Roccella ricorda che «da pochi giorni si è conclusa la presentazione delle domande di contributo economico alle famiglie con procedura di adozione internazionale pendente di particolare criticità, coperte da un fondo di 1 milione e 400mila euro per l’anno 2025» e che «è tuttora in corso, fino al prossimo 8 dicembre, la procedura per la richiesta di rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse nel 2024, con un importo aggiuntivo per i bambini con bisogni speciali, per uno stanziamento complessivo di circa 8 milioni di euro». Per chi di adozioni sa poco, potrebbe sembrare un pirotecnico elenco contabile; per i rappresentanti delle associazioni presenti in sala se di vera e propria svolta non si tratta, ci si va molto vicini: «Significa andare verso una gratuità del percorso adottivo per le famiglie – spiega il presidente di Ai.Bi. Amici dei bambini, Marco Griffini –, ciò che permetterebbe a chi ne è rimasto troppo spesso escluso per motivi economici di accedervi. Senza contare che gli incentivi di fatto vengono dati in anticipo». Ciò che, in definitiva, potrebbe convincere più persone ad adottare: nel 2024 le procedure, lo ricordiamo, sono state appena 536, per un totale di 691 minori accolti. E non è tutto: dal governo arrivano anche fondi per i progetti di cooperazione internazionale in materia di tutela dei diritti dei minori, con un bando della Cai da 12 milioni di euro per il finanziamento di 20 progetti, anche in collegamento con il Piano Mattei.
Tornando alla Biennale, dopo le testimonianze delle diverse associazioni, nel vivo del dibattito si è entrati nelle due tavole rotonde del pomeriggio. La prima sull’affido (di cui riferiremo domani), l’altra sempre sull’adozione, in cui l’intervento di Assuntina Morresi, vice capo di gabinetto del ministero della Famiglia, si è concentrato sul rilancio della rete dei Centri per la famiglia nell’ottica del superamento della frammentarietà delle competenze e della logica assistenzialista con cui negli ultimi cinquant’anni sono state impostate le politiche familiari a favore del riconoscimento di una soggettività specifica di genitori e figli. Tanto che tra i punti che devono caratterizzare l’attività di questi “hub” ci sarà anche proprio la promozione di affido e adozione. Compresa la questione centrale del “dopo adozione” che non è solo, come chiarito da Joseph Moyersoen, giurista, consulente della segreteria tecnica Cai (Commissione adozione interazionale), un progetto di accompagnamento delle famiglie, ma un impegno stabile, strutturato, tanto che in tutti i Paesi d’Europa, tranne che in Italia, questo aspetto è regolato per legge. Claudio Cottatellucci, presidente dell’Aimmf (Associazione italiana magistrati minori e famiglia) ha insistito sulla necessità che il “post adozione” prenda il via già prima della dichiarazione di adottabilità e prosegua poi seguendo, con modalità opportune, tutto il percorso della vita familiare, mentre Barbara Rosina, presidente nazionale degli assistenti sociali, ha fatto notare la necessità di definire meglio i “luoghi” e le “competenze” con cui si deve concretizzare questo accompagnamento permanente. Ma i luoghi sono i consultori familiari pubblici? «Oggi in Italia sono distribuiti a macchia di leopardo e sono quasi inesistenti in molte regioni, ce ne dovrebbero essere 2.900, ma ne abbiamo solo 1.700». Come del tutto inadeguato il numero degli assistenti sociali (manca all’appello il 70 per cento degli organici previsto dal ministero) che dovrebbero coordinare i progetti di accompagnamento e formazione. Stesso discorso per le competenze per cui è atteso il riordino previsto dall’annunciato ddl del ministero del Lavoro. Anna Guerrieri, coordinamento Care a cui fanno capo 40 associazioni, ha sottolineato tra l’altro la necessità di promuovere leggi che riconoscano la specificità delle famiglie adottive, mentre Valentina Griffini (Aibi) e Gabriele Ceruti (Famiglie per l’accoglienza) hanno invitato a riflettere sulla bellezza di una scelta che non nasce mai per caso ma è il frutto di una combinazione di elementi in cui l’accogliere e il sentirsi accolti – e quindi inseriti in una rete di mutuo aiuto – sono sempre connessi.
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