giovedì 20 gennaio 2022
Il leader apre il semestre di presidenza francese chiedendo l’inserimento nella Carta dei principi fondamentali l’interruzione di gravidanza e l’ambiente. La neopresidente Metsola non reagisce
Il presidente francese Macron parla all'Europarlamento. Al suo fianco, la neopresidente Roberta Metsola

Il presidente francese Macron parla all'Europarlamento. Al suo fianco, la neopresidente Roberta Metsola - Ansa

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Per Roberta Matsola il presidente francese Emmanuel Macron non ha esattamente un regalo. È il grande momento per la maltese succeduta a David Sassoli alla guida del Parlamento Europeo: il giorno dopo la sua elezione in aula a Strasburgo presiede il dibattito con il capo dell’Eliseo sul semestre di presidenza Ue di Parigi. E lui cita con grande enfasi proprio il tema più contestato a Metsola: l’aborto, da lei rifiutato (anche se ha garantito che da presidente rappresenterà la posizione di maggioranza del Parlamento). «Vent’anni dopo la proclamazione della nostra Carta dei diritti fondamentali – afferma Macron – desidero che possiamo aggiornarla, in particolare perché sia esplicita sulla protezione dell’ambiente o il riconoscimento del diritto all’aborto». Metsola non fa una piega, ma molti si chiedono: perché questa scelta? La verde francese Karima Delli ha un sospetto: «Vuole farci dimenticare che il suo gruppo Renew (di cui fanno parte i macroniani di Lrem ndr) ha votato Metsola, feroce oppositrice dell’aborto, alla testa del nostro Parlamento».

Aborto a parte, Macron perora la causa dei grandi valori europei, che «hanno finito per infragilirsi negli ultimi anni». Urge difendere lo Stato di diritto, senza il quale «c’è il regno dell’arbitrarietà», e «il segnale di un ritorno ai regimi autoritari». «È il nostro tesoro», dice. «Né il ritorno al nazionalismo, né la dissoluzione delle nostre identità – avverte – saranno la risposta a questo mondo marcato dal ritorno della tragicità della storia».

Macron rilancia l’idea di un’Europa «sovrana» e «indipendente». Con un rafforzamento della difesa, una nuova dottrina strategica (che dovrebbe esser lanciata dai leader a marzo). Del resto la sovranità passa anche dall’indipendenza energetica: «Se guardo l’importazione di petrolio e gas non siamo indipendenti nei riguardi della Russia e non possiamo farlo dall’oggi al domani. Non dobbiamo recidere tutti i contatti con la Russia, anzi dobbiamo rinsaldarli. Però se vogliamo pesare non possiamo essere in posizione perenne di vulnerabilità». In effetti per Macron il dialogo con Mosca, nonostante tutto, resta necessario, anche se deve essere «franco ed esigente». Tuttavia «la sicurezza del nostro Continente necessita di un riarmo strategico della nostra Europa come potenza di pace ed equilibrio», serve «un ordine collettivo di sicurezza sul nostro Continente».

Sovranità e indipendenza passano pure per i «campioni europei» in risposta ai colossi Usa del Web. Per favorirli, sostiene, serve il mercato unico digitale. C’è naturalmente il clima, con il sostegno alla «tassa sul CO2» per i prodotti esteri. E c’è il sociale, con il sostegno al salario minimo e la necessità di «nuovi diritti» per i rider. Urgono investimenti, e questo fa sì, avverte Macron, che la «nuova normalità» sul fronte delle regole di bilancio «non sarà come quella pre-crisi».

Questione su cui il presidente vuol fare discutere i leader a marzo. Il presidente parla pure dell’Europa senza frontiere di Schengen, promette una riforma, con la necessità di «proteggere le nostre frontiere esterne, anche creando una forza intergovernativa di azione rapida», e con «l’accoglienza condivisa e solidale tra Stati membri» dei migranti. Infine, la promessa di un «New Deal economico e finanziario con l’Africa».
Il dibattito è vivace, pesa la campagna elettorale per le presidenziali in aprile. «Per l’Europa è essenziale che lei abbia un solo mandato» inveisce il lepeniano Jordan Bardella. «Resterà nella storia come il presidente dell’inazione climatica» attacca il verde (e candidato presidenziale) Yannick Jadot. «Nessuno crede alle sue promesse» tuona François-Xavier Bellamy, dei Républicains. Interviene Metsola: «non è un dibattito elettorale francese» dice, senza troppo successo. Il dibattito va lungo di oltre un’ora. La conferenza stampa finale di Macron insieme a Metsola inizia con un ritardo di quasi 60 minuti. Il presidente ha urgenza di tornare a Parigi, risultato: due concise dichiarazioni, nessuna domanda concessa ai giornalisti. Molti lasciano la sala per protesta.

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