mercoledì 14 luglio 2021
Il progetto all’avanguardia nato da un’idea di Stefano Mancuso e di Pnat, a Milano, negli spazi di Lombardini22, è diventato una foresta viva
Ecco la Fabbrica dell'Aria (pulita) per farci respirare con le piante
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di Monica Zornetta Se per il cantautore Claudio Lolli 'siamo noi a far ricca la terra', per Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale di fama mondiale e docente all’Università di Firenze, siamo noi, grazie alle piante, a rendere più sani e sostenibili gli spazi indoor in cui viviamo. Studi recenti hanno dimostrato, infatti, che l’aria che circola nelle nostre case, negli uffici, nelle aule scolastiche e nei mezzi di trasporto è ben più inquinata di quella che respiriamo all’esterno: addirittura dalle 3 alle 5 volte tanto. I colpevoli di questa 'contaminazione nascosta' sono numerosi e vanno dai detergenti ai disinfettanti, dalle colle alle vernici, dalle stampanti ai toner agli inchiostri fino ai fumi, alle tinture, ai profumi, alle resine e ai pesticidi che si attaccano alle scarpe e che noi involontariamente introduciamo poi negli ambienti. Per fortuna, però, in nostro soccorso arrivano le piante, veri e propri tesori naturali che aiutano non solo a purificare, rinfrescare e umidificare l’aria ma anche ad abbellire gli spazi in cui agiamo, migliorando la nostra vita e, persino, le nostre relazioni sociali. Le piante, questi inestimabili patrimoni dell’umanità, sono dunque al centro della Fabbrica dell’Aria, un progetto all’avanguardia nato da un’idea di Stefano Mancuso e di Pnat, lo spin off dell’Università di Firenze che traduce le ricerche condotte al LINV – il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale diretto dallo stesso Mancuso – in soluzioni tecnologiche, e che a Milano, negli spazi di Lombardini22, società di progettazione tra le più importanti d’Europa, è diventato una foresta viva. «È qualcosa che ha a che fare con il respiro», afferma Franco Guidi, Ceo di Lombardini22, «e speriamo di convincere i nostri clienti a mettere nei loro uffici, centri commerciali, alberghi e anche – perché no? – in qualche data center, una Fabbrica dell’Aria che aiuti a vivere meglio»; «è come una sorta di economia circolare in cui gli inquinanti che noi produciamo diventano nutrimento per le piante, che a loro volta producono benefici di ritorno per noi», aggiunge Antonio Girardi, architetto e cofondatore di Pnat. Concepito come una serra di 35 metri quadrati dotata di un sistema di filtrazione botanica brevettato dallo stesso think tank di Firenze, questo sistema amplifica la capacità delle piante di trattenere e degradare gli inquinanti e, sostituendo perfettamente condizionatori, climatizzatori e purificatori, consente di risparmiare energia e denaro. Con la Fabbrica dell’Aria l’aria viene prelevata all’interno dell’edificio stesso, aspirata e forzata attraverso il 'letto di crescita' delle piante, fatta fluire a contatto con le foglie e riammessa infine, depurata, nell’ambiente. «Un’organizzazione di sensori permette di misurare e restituire in tempo reale il miglioramento della qualità dell’aria in entrata e in uscita, i cui valori sono visibili su uno schermo», spiegano quelli di Lombardini22, innamoratisi del progetto un paio di anni fa dopo aver visitato il primo prototipo alla Manifattura Tabacchi di Firenze. Piante alte come il Ficus e la Kentia, medie come la Strelitzia Reginae e la Chamadorea o piccole come l’Aspidistra e il Filodendrum – tutte presenti, insieme con altre specie, nell’innovativo 'laboratorio' milanese –, sono le più preziose alleate della nostra salute: si tratta soprattutto delle classiche piante d’appartamento, capaci di vivere bene nelle nostre case, già abituate a condizioni di luce più ridotta e sostanzialmente prive dei periodi di riposo vegetativo. «Un metro cubo di Fabbrica dell’Aria è in grado di depurare ogni ora 500 metri cubi di aria», afferma Stefano Mancuso, che ricorre ad un esempio molto semplice per far comprendere a tutti quanto fondamentali siano le piante per l’intera biosfera e quanto condizionino la vita della Terra, in ogni sua forma: «Se piantassimo mille miliardi di alberi in tutto il pianeta, riusciremmo non a ridurre l’aumento dell’anidride carbonica, che è l’obiettivo del Protocollo di Kyoto e degli altri fallimentari accordi internazionali sul clima, bensì ad invertire la curva, riassorbendo nell’arco di trent’anni 1/3 di tutta la CO2 prodotta in eccesso dalle attività umane: per di più, la loro efficienza sarebbe persino maggiore se fossero piantati vicini ai luoghi in cui gli inquinanti vengono prodotti».

Tempo fa, prosegue lo scienziato, «con un tweet Elon Musk aveva offerto alcuni miliardi di dollari a chi avrebbe inventato una macchina capace di rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera immettendola nel suolo: ebbene, queste macchine ci sono già e sono le piante. È sbagliato pensare che la soluzione alla crisi climatica, cioè al più grave problema che l’umanità sta affrontando dall’inizio della sua storia, arriverà da un salto tecnologico perché ogni volta che si è verificato un salto tecnologico la situazione si è invece aggravata. È solo un problema di ordine culturale quello che ci riguarda, di relazione generale con le piante, e finché non risolviamo quello, non riusciremo a vincere alcuna sfida ambientale».

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