mercoledì 8 settembre 2021
Avere caro, prendersi cura
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Tante parole ci hanno condotto al concetto di responsabilità. Un significato, responsum-abilis, fondamentale nella nostra quotidianità ma che ben si adatta anche alla sfera economico-aziendale, basti pensare alla cosiddetta Responsabilità Sociale d’Impresa che nel corso degli anni ha anticipato le riflessioni sui nuovi modelli economici e la sostenibilità. Il concetto di "responsabilità" tuttavia non è il nostro approdo definitivo perché resiste nel termine una sorta di atteggiamento passivo che a volte conduce persone e aziende a sentirsi responsabili ma, nei fatti, a non assumersi responsabilità, ovvero a fare scelte che vanno verso altre direzioni senza incidere positivamente sulla realtà.

Altro invece il significato del termine da cui trae spunto il titolo di oggi: "Avere caro, prendersi cura". L’etimologia della parola cura è antica e nella sua terminazione latina conduce all’idea di qualcosa che ha in sé un valore affettivo o monetario così grande da spingere ad un’azione naturalmente propositiva e incisiva. La parola carità, frutto della stessa radice, rappresenta di fatto il comportamento che una persona, un’istituzione pone in essere per salvaguardare e custodire ciò che ha nel cuore. Ciò che è caro. Non è una sottigliezza ma rappresenta al contrario la linea di demarcazione tra la parola responsabilità e quest’ultima: potrei non avere cara una situazione, una persona ma sentirmi responsabile e, forse, attivare delle azioni perché questa mia attenzione si manifesti, ma è estremamente difficile, quasi impossibile, prendersi cura con sollecitudine e affetto di un contesto, di una persona, se ciò che mi lega non è qualcosa che sento vicino, che mi tocca nel profondo. E quando questo accade, quando mi è caro ciò che mi sta accanto, le decisioni diventano libertà e le azioni molto più efficaci.

Nell’ultimo libro "Verso un’economia integrale" ho provato a raccontare come all’origine della rinnovata attenzione che tante persone e imprese in Italia manifestano nei confronti dell’ambiente e della società, non ci sia solo la necessità di orientare alcune scelte strategiche verso le nuove istanze di mercato, quanto la presenza nella cultura del nostro Paese di alcuni valori che da secoli sedimentano nel cuore e nelle mani di tante persone. Valori che spesso hanno un’origine quasi inconsapevole nella spiritualità cristiana che vede nella dignità e sacralità della persona, e nella cura del contesto naturale e sociale in cui vive, il centro di ogni riflessione. La nostra storia ci ha portato, pur nell’alternarsi a volte incoerente delle situazioni, ad avere questo sguardo rivolto all’altro, un atteggiamento di "cura" che si manifesta in piccole e grandi azioni, individuali e collettive che non sono necessariamente segno di carità ma semplicemente frutto del desiderio che la condizione di chi ci sta accanto migliori.

L’atteggiamento interiore e spirituale di chi ha caro diventa così il presupposto per divenire consapevoli dell’importanza del farsi carico del bene comune, la vera sfida per ciascuno di noi e per le nostre aziende: l’impresa è un sistema organico che crea valore nel tempo soprattutto quando vive di questa cura reciproca tra tutti i portatori d’interesse o, meglio ancora, "creatori di valore" – siano essi collaboratori, clienti, fornitori – e verso quella casa comune che Papa Francesco ci sollecita a far divenire il primo oggetto della nostra attività quotidiana. Abbiamo ancora molta strada da percorrere per far sì che la responsabilità cessi di essere una parola soltanto e divenga progetto di vita, scelta coerente, ma quando arriveremo a ciò ci renderemo conto che l’obiettivo finale, come sottolinea San Paolo nella lettera ai Galati, è la carità, quella forma di responsabilità che, nutrendosi di un altro respiro, di un altro Spirito, è in grado di generare un’altra vita, anche per l’impresa.

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