giovedì 11 maggio 2017
Per l’avvocato della Corte Ue non può essere considerato un servizio della società dell’informazione. L’ultima parola spetta ai giudici
«Uber, serve la licenza come per i taxi»
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Uber può essere obbligata a possedere le licenze richieste dalle legislazioni nazionali per i taxi poiché non beneficia del principio di libera circolazione dei servizi garantito dall'Ue per i cosiddetti servizi della società dell'informazione. Questa la conclusione a
cui è giunto l'avvocato generale della Corte Ue nella causa intentata alla piattaforma Uber da un'associazione di taxi spagnola. Bisognerà ora vedere se le conclusioni saranno riprese nella sentenza che sarà emessa prossimamente dalla Corte.

Le conclusioni dell'avvocato

Secondo le conclusioni dell'avvocato generale, Maciej Szpunar, "il servizio offerto dalla piattaforma Uber deve essere qualificato come servizio nel settore dei trasporti" e quindi non potrebbe beneficiare del principio della libera prestazione fissato dall'Ue per i servizi della società dell'informazione. In base a questa interpretazione del diritto comunitario, la sua attività "è soggetta alle condizioni per l'ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali negli Stati membri, nel caso specifico il possesso delle licenze e delle autorizzazioni previste dal regolamento della città di Barcellona".

La causa spagnola

La Corte è stata chiamata a pronunciarsi dal tribunale commerciale di Barcellona sulla causa avviata nel 2014 dall'Asociation profesional elite taxi della città catalana contro la Uber System Spain per concorrenza sleale. I giudici spagnoli hanno ritenuto necessario sottoporre alla Corte Ue una serie di questioni sulla qualificazione dell'attività di Uber in considerazione del fatto che la definizione della controversia presuppone l'interpretazione di varie disposizioni di diritto dell'Unione.
Per l'avvocato della Corte, "benché competa al giudice nazionale accertare e valutare i fatti", il servizio offerto da Uber è un "servizio misto" che però non soddisfa le condizioni che potrebbero farlo rientrare nella categoria di "servizio della società dell'informazione". Inoltre, secondo le conclusioni di Szpunar, la prestazione di messa in contatto del passeggero con il conducente, fornita per via elettronica, "non è né autonoma né principale rispetto alla prestazione di trasporto". Quindi non si tratterebbe di un servizio della società dell'informazione ma "piuttosto dell'organizzazione e della gestione di un sistema completo di trasporto urbano su richiesta".

La risposta di Uber

Pronta la risposta di Uber al parere europeo: «Attendiamo la decisione finale nel corso dell'anno. Essere considerati una società di trasporto non cambierebbe il modo in cui molti Paesi europei già oggi regolano le nostre attività - si legge in una nota -. Ci auguriamo, tuttavia, che questo non rallenti i necessari processi di aggiornamento di leggi datate che impediscono a milioni di europei di accedere a corse affidabili con un semplice clic».

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