mercoledì 14 maggio 2014
​Una società neocostituira in casa Fiat ha intenzione di acquisire gli impianti in Sicilia. Lo si apprende dal piano di riconversione industriale approvato dalla Regione Sicilia. LE VIDEOINTERVISTE AL SINDACALISTA E ALL'ARCIPRETE (Paolo Viana)
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Il sospetto, si sa, è nel Dna dei siciliani, tuttavia vedere una fabbrica di sette chilometri come la Fiat di Termini Imerese, ufficialmente abbandonata dal gruppo Fca, con le siepi curate ogni giorno e la centrale termica in puntuale manutenzione, avrebbe indotto chiunque a pensar male. Anzi bene. Ora è ufficiale ciò che si mormorava e cioè che un gruppo di manager Alfa Romeo, dopo aver costituito una società ad hoc, ha presentato una manifestazione d’interesse per acquisire gli impianti ex Fiat e assemblare in Sicilia la Ypsilon ibrida. Darebbero lavoro a 550 persone. Non sono gli unici ad aver messo gli occhi sul piano di reindustrializzazione del polo siciliano. Il gruppo Mossi e Ghisolfi vorrebbe creare una bioraffineria da 200 addetti, coltivando biomasse in zona); in corsa c’è anche un’azienda che produce batterie per auto e creerebbe altri 100 posti di lavoro.Progetti "segretissimi" inseriti nel piano di riconversione industriale che la giunta della Regione Sicilia ha approvato e trasmesso ieri al ministero dello sviluppo economico. Ovviamente, divulgandone i particolari, visto che siamo ormai in piena campagna elettorale e il rilancio di Termini Imerese è moneta sonante al mercato della politica. Dopo le elezioni, si deciderà sul nuovo accordo di programma da 350 milioni di euro; quello precedente, 450 milioni, ha prodotto solo truffe e nuovi disoccupati. Fca, dal canto suo, conferma per vie ufficiose che è disponibile a cedere lo stabilimento a chi si impegnerà a riassumere tutti i lavoratori ma smentisce - sempre non ufficialmente - di aver a che fare con la nuova impresa. Soprattutto, puntualizza che si tratta di iniziative industriali in cui non ha «alcuna responsabilità».Oggi i cassintegrati in deroga della ex Fiat e dell’indotto, in questa cittadina dell’hinterland palermitano che ha rinnegato il proprio passato rurale e sogna un futuro nel turismo termale, sono 1.100 e la loro messa in mobilità viene data per scontata in assenza di un vero piano di reindustrializzazione. Nessuno ritiene però che Fca possa permettersi il danno d’immagine di un fallimento definitivo di Termini Imerese, ma le ragioni per cui il dopo Fiat a Termini Imerese potrebbe chiamarsi Fiat 2 sono anche altre. Dopo le 126, le Panda e le Punto, qui è nata la Y10, prima che la produzione fosse trasferita in Polonia. Passaggio, quello, dolorosissimo per i lavoratori, che infatti si è lasciato alle spalle un infinito strascico di polemiche, vuoi perché la dismissione di questo stabilimento è avvenuta pochi mesi dopo l’acquisizione della Pininfarina di Grugliasco, vuoi perché la scelta di smobilitare è stata improvvisa e, tanto per tornare ai sospetti siciliani, in curiosa sincronia con il salvataggio di Pomigliano d’Arco. Quel che è certo è che l’ibrido costituisce una sfida ineludibile anche per Marchionne ed affrontarla a Termini Imerese attraverso un fornitore di Fca comporta indubbi vantaggi, dal finanziamento pubblico alla possibilità di acquisire il progetto in caso di successo. Ma soprattutto allontana il danno d’immagine che deriverebbe dal licenziamento di oltre mille persone. Una Fiat 2 – che ovviamente non si chiamerà così – permetterebbe di switcharli e in caso di default il problema non ricadrebbe su Fca. Questo nuovo scenario spiega anche perché il governo non abbia mai coltivato l’interessamento di alcune case automobilistiche asiatiche, come Mitsubishi o Nissan: Fca, pur non considerando strategico il mercato italiano, non permetterebbe l’insediamento di poli produttivi stranieri nel nostro Paese. A rendere noti gli interessi industriali nell’area di Termini Imerese è stato l’assessore alle Attività produttive, Linda Vancheri ma il progetto è argomento di campagna elettorale anche in città. Il sindaco uscente Salvatore Burrafato (la cui poltrona è contesa da Agostino Moscato, Luigi Sunseri, Stefano Vitale e Graziella Vallelunga) scommette tutto sulla prospettiva green e sogna un "kilometro verde", sul modello di quello rosso dei bergamaschi. Vorrebbe che Termini «si affrancasse dallo stereotipo di città delle tute blu» ma ammette che «sostituire la Fiat con gli ombrelloni è surreale». A spegnere gli entusiasmi è l’arciprete, don Francesco Anfuso, che negli anni scorsi è salito sulle barricate con i lavoratori in sciopero: «Di solito in campagna elettorale si promette troppo – ci dice –, questa città oggi prova un sentimento di sdegno verso la Fiat per le illusioni e le delusioni del passato. Non si sfrutti di nuovo la Sicilia».
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